Questa mattina, su disposizione della Procura della Repubblica di Potenza, la Squadra Mobile della Questura ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di quattro misure cautelari personali e ad un’altra di sequestro preventivo, ai fini della confisca, di tre appartamenti.
Le ordinanze sono state emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari di Potenza dopo un’attività investigativa riguardante la procedura fallimentare relativa alla società di lavori generali e costruzioni di edifici e di ingegneria civile.
In particolare la Procura ha contestato agli indagati i reati di interesse privato del curatore negli atti del fallimento e di falsa perizia. Sono stati ritenuti raggiunti da gravi indizi di colpevolezza, per entrambi i reati, l’avvocato, curatore fallimentare nella procedura, ed il geometra, consulente tecnico incaricato della stima degli immobili, tutti e due sottoposti alla misura cautelate degli arresti domiciliari.
Mentre solo per il primo reato sono state sottoposte alla misura cautelare del divieto di dimora a Potenza un’avvocata che all’epoca dei fatti era collaboratrice dello studio (dell’avvocato curatore fallimentare), designata quale professionista delegata e un’altra avvocata, sempre collaboratrice dello studio, aggiudicataria per sé o per persona da nominare degli immobili oggetto dell’indagine.
Destinatari del provvedimento di sequestro preventivo degli immobili sono stati moglie e figli del curatore, quali aggiudicatari definitivi e, dunque, beneficiari del decreto di trasferimento dei tre appartamenti provenienti dal fallimento.
Il procedimento trae origine dalla segnalazione di alcune anomalie in ordine all’aggiudicazione di due appartamenti, entrambi a Potenza in Viale Marconi, messi all’asta nell’ambito della procedura di fallimento. Dopo gli accertamenti presso l’Agenzia delle Entrate è emerso che i due immobili, che rientravano nella massa fallimentare, a seguito di una vendita senza incanto, erano stati acquistati dalla moglie legalmente separata dal curatore. E nonostante i due coniugi fossero legalmente separati, dalle indagini svolte dalla Squadra Mobile è risultato che i due mantenevano un concreto rapporto di convivenza.
Ulteriori approfondimenti investigativi hanno consentito di scoprire che un altro appartamento sempre in Viale Marconi era stato aggiudicato a familiari del curatore ed era stato acquisito dai figli.
L’acquisizione e il successivo esame del fascicolo del procedimento fallimentare hanno permesso di verificare le modalità attraverso le quali tali immobili erano stati aggiudicati ai componenti della famiglia ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato. In particolare, mediante il coinvolgimento di ulteriori persone, tutte riconducibili allo studio del curatore: in primo luogo la collaboratrice quale professionista delegata alla vendita che materialmente aveva proceduto alla vendita senza incanto; in secondo luogo grazie alla perizia redatta dal geometra sui due immobili che stimava ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al valore di mercato ed in terzo luogo grazie all’altra collaboratrice dello studio che si aggiudicava per persone da nominare i suddetti cespiti designando successivamente quali beneficiari del contratto la moglie e i figli.
Da rilevare, sempre ai fini della descrizione del meccanismo ritenuto fraudolento dal Giudice per le Indagini Preliminari, che per quanto riguarda gli immobili aggiudicati all’asta dalla moglie, il geometra poi nominato Consulente Tecnico D’ufficio (CTU) per la stima degli immobili, era segnalato al Giudice delegato al fallimento dal curatore quale professionista disposto a “rinunciare alla liquidazione” per aver ottenuto precedenti incarichi nell’ambito della stessa procedura fallimentare e poi, sempre il curatore aveva chiesto ed ottenuto la nomina di una delle collaboratrici come professionista delegata alla vendita, sempre in ragione della loro “acquisita disponibilità a non chiedere alcun compenso per tale attività (tranne le spese vive) come richiesto dallo scrivente“, atteso appunto l’esiguo valore del bene da vendere. Sottolineando, infine, che tale richiesta era “per evitare oneri a carico della massa dei creditori, soprattutto in considerazione delle esose richieste da parte di altri legali, e di poter proseguire nel programma di chiusura di tale fallimento dalle notorie vicissitudini e difficoltà“.
Il 10 maggio 2021 il CTU ha depositato una perizia di stima degli immobili evidenziando la presenza di difformità edilizie “non sanabili“, dichiarando che l’eventuale vendita doveva essere effettuata come locali di sgombero e non come abitazioni di tipo civile. Ciò ha determinato un abbattimento del prezzo di stima degli immobili in trattazione rispetto a quello stabilito con perizia redatta il 30 maggio 2005 da altro CTU, il quale, invece, aveva ritenuto che tali irregolarità fossero “sanabili”.
A seguito delle procedure di gara svolte nel 2021 i tre immobili venivano venduti ad un prezzo compreso tra i 40.000 ed i 50.000 euro l’uno, prezzo inferiore rispetto a quanto erano stati valutati, oltre 170.000 euro l’uno, sia prima del trasferimento, da un altro perito nel 2005, e sia dopo lo stesso, nell’annuncio sul sito di vendite immobiliari, come inoltre confermato dalla consulenza tecnica disposta dall’Ufficio della Procura.
Nella procedura fallimentare è stato quindi il coinvolgimento di più persone, legate da vincoli di parentela o di colleganza/dipendenza, che ha dimostrato il coinvolgimento del curatore quale dominus delle vicende della procedura fallimentare in esame in funzione del perseguimento di interesse privatistici, riconducibili alla sua sfera familiare.
Le indagini sono in corso e vale nei confronti degli indagati la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna.