E’ una drammatica pagina di cronaca nera quella che ha toccato le sorti di una famiglia di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, dove una donna e due suoi figli sono stati brutalmente torturati ed ammazzati in nome di un fanatismo religioso.
E’ l’11 febbraio quando Giovanni Barreca chiama i Carabinieri dicendo che la moglie e due dei suoi figli sono morti. Giunti sul posto, i militari dell’Arma hanno trovato l’uomo nell’auto ad attenderli e in casa uno scenario orripilante. Immediatamente Barreca confessa di essere stato l’aguzzino dei suoi familiari: in una camera da letto giace il corpo esanime del figlio di 5 anni, in soggiorno, dietro a un divano, c’è il corpo dell’altro figlio 16enne con le mani e i piedi legati dietro la schiena da una catena. In casa c’è soltanto la figlia 17enne sopravvissuta alla strage, della madre nessuna traccia del corpo. L’uomo racconta ai Carabinieri di averla bruciata e seppellita in montagna, ma i suoi resti verranno trovati soltanto in un secondo momento coperti con del terriccio.
Barreca e la figlia 17enne raccontano agli inquirenti versioni molto simili dell’avvenuto e, inoltre, l’uomo confessa di aver avuto due complici, altrettanto fanatici religiosi, chiamati ad intervenire per scacciare i demoni dai corpi e dalle anime della moglie e dei figli. Per i tre adulti sono immediatamente scattati i fermi e successivamente il collocamento in carcere con le accuse di omicidio plurimo, motivato da motivi abbietti, e soppressione di cadavere; la figlia di Barreca è stata arrestata e condotta in carcere in un secondo momento, dopo aver confessato di aver partecipato alle torture inflitte alla madre e ai fratelli.
Vicende come queste non possono non scuotere gli animi e indignare non solo per la brutalità con cui tali orrori vengono compiuti, ma anche perché le mura domestiche, che dovrebbero rappresentare un luogo sicuro, familiare, talvolta diventano scenario di barbarie inaudite. Ci siamo interrogati sul perché possano ancora verificarsi atrocità come queste, degne dell’epoca del Medioevo e su come tali atti debbano smuovere necessariamente le nostre coscienze. Abbiamo quindi chiesto a Monsignor Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro, qual è il suo punto di vista.
“Dal punto di vista globale e umanitario – afferma Monsignor De Luca – secondo me quello che si sta verificando è l’accettazione di un individualismo delle famiglie che si chiudono in loro stesse e nessuno ne percepisce il disagio. Ma dietro a ogni chiusura c’è sempre un problema che può sfociare in alcune derive relazionali, come quest’ultimo caso trasformatosi in un’ossessione di essere invasi da forze diaboliche. Quindi la vicenda accaduta in Sicilia chiama in campo tutta la comunità, tutti gli operatori, all’attenzione: nessuno deve essere lasciato solo. Poi le istituzioni, la scuola, la parrocchia, l’oratorio, i servizi sociali non possono e non devono mai minimizzare, già dai primi segnali, presunte situazioni di abbandono o di deriva. Siamo rimasti sicuramente tutti allibiti, soprattutto di fronte ad una reazione così violenta a causa di una cosiddetta, ipotetica, manifestazione di un male diabolico: mai e poi mai si può far ricorso alla violenza per debellare il male. La Chiesa Cattolica riserva in queste circostanze grande competenza, preparazione, l’ausilio delle scienze umane e soprattutto tanta, tanta preghiera. E’ messa al bando ogni forma di violenza e accanimento nei confronti di chi si dovesse trovare coinvolto in una tale vicenda. Bisogna continuare a formare le comunità, a sensibilizzare le coscienze e, soprattutto, ad aiutare a liberarsi dalla crudeltà che non è espressione di nessun cammino di Fede, che è sempre generatrice di bontà, di tenerezza, di misericordia e di armonia interiore”.