– Lettera alla redazione di Claudia Colombo –
La storia di P., avvolta nella nebbia di apparente sfacciatezza, rivela un panorama complesso e doloroso.
P. è giovanissimo, dalle origini sudamericane, la sua infanzia è un caleidoscopio di tragedie, dal padre assassinato al tumultuoso abbandono da parte della madre biologica a soli dieci anni. Nel cuore caotico delle strade del suo Paese, si sente uno spirito perso, più che libero, alla ricerca di risorse per sostenere e aiutare la sorellina. Quella realtà di strada diventa sempre più il palcoscenico della sua vita in cerca di un sostentamento.
Durante i nostri incontri in carcere, emerge un talento inaspettato: P. è un artista della parola che scrive testi trap, li definisce così. Decido di esplorare questa vena creativa e lui, con una melodia a tratti struggente, canta le sue poesie. Scopro un mondo intenso, fatto di rime che narrano la sua vita, le sfide, e le profonde relazioni familiari.
La madre biologica, una figura enigmatica, viene descritta come bellissima, ma travolta dalle difficoltà della giovane maternità. P. nasce quando lei ha 16 anni. Dopo dieci anni l’abbandono improvviso, il dono di una catenina di punto in bianco diventa il segno tangibile della sua sparizione. La nonna, la nuova custode, si rivela vulnerabile al compagno violento, e P. e sua sorella diventano vittime quotidiane di abusi fisici.
In un episodio scioccante, P. racconta di essere stato rinchiuso in un congelatore, mentre la sorellina veniva relegata nel pollaio insieme alle galline. Le ferite fisiche ed emotive si accumulano, e la sua voce si spezza, riportandomi a una realtà cruda e dolorosa.
La vita di P., un intricato labirinto di sofferenze e sfide, prosegue nel suo viaggio senza bussola. Si ritrova coinvolto in comportamenti delinquenziali, furti e un’incessante danza con la disperazione, come raccontato nei suoi testi.
L’incontro con gli operatori sociali nel suo luogo natìo rappresenta un bivio cruciale. Dalla nonna alla casa famiglia, P. trova momentaneo rifugio. L’adozione, assieme alla sorellina di quattro anni, lui undici, da parte di una famiglia in Italia dovrebbe essere un nuovo capitolo, ma si trasforma in un nuovo calvario. Senza una bussola morale, P. si sente smarrito, incapace di intraprendere la strada giusta. La droga diventa la sua via di fuga, spingendolo a spacciare e ad affrontare l’arresto per rapine.
Il tentativo dei genitori adottivi di offrirgli una seconda possibilità si scontra con le ferite profonde di un ragazzo che non ha mai conosciuto amore e guida. La sua vita inizia a scivolare tra rifiuto e una sorta di spensierata ribellione. Anche il carcere, con tutti i suoi percorsi tortuosi, non riesce a spezzare il cerchio vizioso che circonda P.
Nei nostri incontri di coaching emergono le radici profonde della sua paura: la paura di non saper progettare una vita diversa da quella che ha conosciuto. Il passato e la progettazione del futuro diventano i cardini di un dialogo che cerca di illuminare una strada ancora sconosciuta per P. Attraverso le parole e la condivisione, si apre una finestra alla speranza, un tentativo di sgretolare le catene del passato e costruire una nuova visione per il futuro di questo giovane che ha bisogno di essere guidato.
La paura della solitudine avvolge P. come un’ombra persistente, ma nel corso dei nostri incontri di coaching, un piccolo esercizio, “l’esercizio dei nove punti” diventa una chiave per esplorare soluzioni al di là delle convinzioni limitanti. Gli mostro che esistono alternative, opzioni che possono aprire nuovi orizzonti, sfidando le barriere autoimposte.
Lo incoraggio a esplorare lo sport, a riscoprire la connessione con il mondo che lo circonda e a ritrovarsi come un bambino alla sua prima nascita. Nel penultimo incontro, un sorriso di gioia si dipinge sul suo volto mentre mi mostra un foglio: la sua pena è stata ridotta e tra tre mesi sarà libero anziché dover scontare altri tre anni. Una notizia che gli regala felicità, ma anche paura del futuro imminente.
Nasce così in me la volontà di far emergere il suo potenziale. Nel prossimo incontro, lo invito a programmare e discutere dei suoi obiettivi. Anche se il tempo è limitato, cerchiamo di delineare piccole azioni che lo avvicineranno ai suoi sogni. Parla dei suoi desideri con occhi brillanti, immaginando un futuro in cui può incontrare figure nel mondo della musica, registrare le sue basi e i suoi testi. Tra tre anni, forse indosserà i panni di un uomo diverso per tornare nella sua Terra e riconnettersi con la sua vera madre. Sono piccoli passi verso una nuova vita.
La paura di restare solo, di non riuscire a costruire amicizie sane, la paura del se stesso che ha conosciuto, affligge P.
Tuttavia, durante uno dei nostri incontri, ancora qualcosa di straordinario accade: un biglietto, un messaggio tangibile dell’anima di P., si trova tra le mie mani. Nelle sue parole di ringraziamento, esprime la gratitudine per non essersi sentito giudicato e visto in questo percorso solo per i suoi errori, ma per aver lavorato con lui a partire dal suo effettivo potenziale.
Questo momento toccante rafforza la consapevolezza dell’importanza del mio lavoro e di come un approccio empatico possa aprire porte nascoste di speranza in giovani come P. La sua storia diventa un testimone della potenza di un coaching attento, delle domande ponderate e del supporto psicologico nel ridare a un ragazzo così giovane, con alle spalle tanti anni di reclusione, la capacità di sognare e riscrivere la sua vita. Ogni incontro diventa un capitolo in cui la trasformazione diventa possibile, un viaggio in cui il passato oscuro si incontra con la luce di un futuro ancora da scrivere.
Il carcere è sicuramente destinato ad essere un luogo di espiazione, ma il supporto psicologico e l’accompagnamento di un coach sono elementi essenziali per preparare i detenuti al loro futuro. Uscire dal carcere può essere un momento spaventoso e confuso per molti ragazzi e avere una guida che li aiuti a progettare e a prepararsi per la vita al di fuori è cruciale. Il coaching offre un supporto prezioso nell’affrontare le sfide, ridefinire obiettivi e sviluppare le competenze necessarie per un nuovo inizio. La trasformazione personale è un elemento chiave per evitare il ritorno a vecchi schemi e aprire la strada ad una vita più positiva e significativa dopo il carcere.
La sua storia, intricata di sofferenza e resilienza, è un invito a guardare oltre le etichette superficiali e a comprendere le profondità complesse che si celano dietro ogni individuo. P, “il ragazzo dalle poesie trap”, è molto più di quanto appaia inizialmente, è il narratore coraggioso di una vita tumultuosa che cerca riscatto e comprensione. La sua storia continua a tessere il filo sottile tra il dolore e la speranza, aprendo la porta ad una comprensione più profonda della sua umanità.
Claudia Colombo – Psicologa, Psicoterapeuta e Coach
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