Fortunato Arena. Un nome e cognome che campeggiano, incisi nel marmo, davanti alla caserma sede del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno. Perchè Fortunato non è un carabiniere tra tanti, ma un eroe che ha dato la sua vita per tutelare la sicurezza dei cittadini.
Il 12 febbraio del 1992 è stato ammazzato, insieme al commilitone Claudio Pezzuto, in un agguato di camorra a Pontecagnano Faiano. Avrebbe compiuto 23 anni dopo pochi giorni Fortunato, originario di San Filippo del Mela, in Sicilia, a cui diversi colpi d’arma da fuoco stroncarono la vita e il futuro. Aveva la stessa età di Salvo D’Acquisto, il carabiniere ucciso dai nazisti nel 1943 e che con il suo sacrificio salvò 22 persone dalla fucilazione.
Il giovane militare siciliano era sposato con Angela Lampasona, da quel giorno la vedova Arena, che da 31 anni porta avanti le gesta e la memoria di suo marito soprattutto nelle scuole, per promuovere la legalità tra i giovanissimi.
Ci ha concesso un’intervista che ripercorre quel dannato 12 febbraio e accende ancora una volta i riflettori su un “carabiniere eroe” e sul suo sacrificio per il Paese.
- Angela, raccontaci di quel 12 febbraio 1992. Cosa accadde prima che tuo marito venisse ammazzato?
Mio marito è stato ucciso nel corso di un semplice posto di controllo a Pontecagnano. Notarono un’auto sospetta ferma in piazza Garibaldi. Era sceso un uomo per utilizzare una cabina telefonica e decisero di controllare il veicolo che aveva una targa di cartone. In quell’auto c’erano anche due latitanti. Fortunato chiese i documenti e poi andò verso l’auto di servizio per parlare con la Centrale e verificare i documenti del conducente che aveva tra le mani. A quel punto partirono i colpi che ammazzarono il collega di mio marito e poi anche Fortunato, che era ancora in auto. Lui, nonostante fosse ferito, con la sua pistola d’ordinanza sparò, ma i colpi finirono nel vuoto. Perse la vita.
(Gli autori dell’agguato furono identificati nei pregiudicati Carmine De Feo e Carmine D’Alessio, arrestati il 14 luglio 1992 a Calvanico e successivamente condannati alla pena dell’ergastolo, ndr).
- Cosa non dimenticherai mai di quella sera?
Tutto. Quella maledetta sera ha segnato la mia vita per sempre, non dimenticherò mai alcun minimo dettaglio di tutto quello che accadde.
- Tuo marito ha ricevuto la Medaglia d’oro al Valor Militare e gli è stata intitolata la caserma del Comando Provinciale di Salerno. Credi sia stato fatto abbastanza per rendere onore al suo sacrificio?
Il 5 giugno del 1993 mio marito ha ricevuto la Medaglia d’oro al Valor Militare alla Memoria come chiaro esempio di elette virtù militari e di altissimo senso del dovere spinti fino al supremo sacrificio. Poi gli è stata intitolata la caserma del Comando Provinciale, ma a suo nome esistono in Italia anche la caserma di Rometta Marea, in provincia di Messina, e quella di Nocera Superiore che gli è stata intitolata lo scorso anno. Inoltre, sempre a Nocera Superiore, la Sezione dell’Associazione Nazionale Carabinieri porta il suo nome. Sono grata di tutti questi gesti, ma mi rendo conto che non è mai troppo per ricordare la sua vita e il suo coraggio.
- Cosa rappresenta per te l’Arma dei Carabinieri? Che significato ha assunto nella tua vita?
E’ la mia seconda famiglia. Mio padre era un carabiniere, i miei fratelli sono stati carabinieri, mia nipote è un carabiniere. L’Arma ha assunto un significato profondo nella mia vita.
- Cosa rimane oggi di tuo marito nella memoria collettiva e nella stessa Benemerita?
Di Fortunato resta il ricordo del suo sacrificio, sicuramente impresso nella memoria dei colleghi che lo conobbero ma anche delle generazioni successive che lo celebrano nelle importanti occasioni. Resta la memoria di tutti noi. Lui sarà per sempre il nostro eroe!
(Dal dopoguerra ad oggi sono oltre 1300 i carabinieri morti in servizio, in Italia e nelle missioni estere. Vittime del dovere, che hanno versato il loro sangue nel corso di operazioni e interventi, di agguati tesi dalla criminalità organizzata, come nel caso di Fortunato Arena e Claudio Pezzullo, o di attentati militari, come nella tristemente nota “Strage di Nassiriya” del 12 novembre 2003 in cui persero la vita 12 carabinieri oltre a numerosi altri militari dell’Esercito e civili, ndr).