Gli eventi spaventosi registrati in Medioriente dal 7 ottobre ad oggi sono il culmine di scontri vecchi di decenni che affondano le radici nella storia dei due Paesi. Bisogna innanzitutto chiarire che il conflitto più che tra Palestina e Israele è tra Hamas e lo Stato ebraico. Hamas è stato eletto democraticamente dai palestinesi, ma una volta al potere, ha assunto un carattere autoritario e terroristico.
Da conflitto interno, quello dei due popoli contigui rischia di diventare internazionale; infatti l’inizio del conflitto odierno, secondo molti, risale al 1947, quando le Nazioni Unite votarono, in seguito allo sterminio di gran parte degli ebrei europei durante l’Olocausto, per la spartizione del territorio in due Stati: uno ebraico (Israele) e uno arabo (che non decollò). La lotta tra gruppi armati ebrei, alcuni dei quali erano considerati organizzazioni terroristiche dai britannici, e i palestinesi si intensificò fino alla dichiarazione di indipendenza di Israele nel maggio del 1948.
Per una maggiore chiarezza sull’argomento che riguarda da vicino anche l’Italia, abbiamo interpellato Valeria Eboli, di Sanza, docente universitario ordinario di Diritto Internazionale ed esperta in materia di Difesa. L’esperta sanzese ci ha illustrato, nell’intervista che segue, come si è giunti storicamente alla condizione attuale e le implicazioni che essa può avere per il mondo intero.
- Quando e perché è nato lo Stato di Israele?
Da un punto di vista formale lo Stato di Israele diventa autonomo con la dichiarazione di indipendenza del 1948, cui seguono le prime elezioni ed il governo di Ben Guryon. In precedenza il territorio rientrava in un protettorato britannico, costituito nel 1920 dopo la fine della Prima Guerra mondiale nell’ambito della Società delle Nazioni, all’epoca esistente, per favorire la transizione dopo la fine dell’Impero ottomano. Alcune parti dell’attuale territorio di Israele erano state in precedenza sotto l’influenza di diversi Stati in seguito alla spartizione del Medioriente in varie aree di influenza in base agli accordi segreti di Sykes-Picot nel 1916.
- Nel 2005 Israele si ritirò dalla striscia di Gaza che passò sotto il controllo dell’Autorità palestinese. Cosa è successo da allora?
Si tratta del momento decisivo in cui vi è un cambiamento nel ruolo di Hamas. Israele, dopo la cosiddetta Guerra dei sei giorni nel 1967, aveva posto sotto il suo controllo la Striscia di Gaza, territorio dallo status giuridico incerto, prima sotto il controllo egiziano dal 1949, salva la breve parentesi della crisi di Suez tra il 1956 e 1957, quando, per poco, era passata sotto il controllo israeliano.
Nel 2005, in adempimento a quanto previsto dagli accordi di Oslo del 1994, Israele lascia il controllo terrestre dell’area, pur mantenendo quello aereo e marittimo, all’Autorità Palestinese, erede della preesistente Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) di Arafat, il cui controllo era all’epoca nelle mani del gruppo politico denominato Fatah. Hamas si colloca come partito di governo nell’ambito dell’Autorità palestinese ottenendo la maggioranza nelle elezioni del 2006, a discapito di Fatah.
- Cos’è Hamas? Il suo è un combattimento o un attacco terroristico?
Fondato nel 1987, Hamas è un movimento islamico di resistenza (il termine è l’acronimo di tale definizione in arabo). Tra i movimenti islamici si colloca su posizioni piuttosto radicali ed estremiste e ha cominciato la sua attività con la prima Intifada. Storicamente è attestato che abbia realizzato attacchi terroristici. Tuttavia, ha espresso anche una veste politica ed istituzionale come partito di Governo. I metodi utilizzati sono di matrice terroristica, in quanto appaiono orientati allo spargimento del terrore nella popolazione civile. Se guardiamo ai fatti più recenti, inoltre, può essere qualificato anche come un gruppo armato organizzato e parte di un conflitto armato interno contro il Governo costituito dello Stato di Israele.
- Quanto conta la matrice religiosa nel conflitto Israele-Palestina?
Conta soprattutto come elemento di identità culturale nel dibattito politico interno allo Stato israeliano. Inoltre, rappresenta un significativo elemento distintivo e di contrapposizione tra le parti al conflitto armato. Ha un rilievo marcato anche nella connotazione del movimento di Hamas ispirato all’Islam meno moderato, influenzato sin dall’origine dalla dottrina dei Fratelli musulmani.
- Razzi sul Libano, in Siria esplosioni, l’Iran che si mantiene a distanza ma manifesta la sua solidarietà ad Hamas. Gli USA hanno schierato i carri armati ai confini di Israele, ma senza ancora intervenire. Sulla scena internazionale quali sono i Paesi che potrebbero avere un ruolo decisivo in questo conflitto?
Il Medioriente è storicamente un’area di instabilità, di rilievo per tutto il pianeta. A livello regionale, l’Iran potrebbe avere un ruolo decisivo per la sicurezza dell’area. A livello globale, gli Stati Uniti come la Russia potrebbero avere un ruolo determinante. Appare sempre crescente, inoltre, il ruolo della Turchia, Stato a maggioranza musulmana ma non arabo che, parimenti, potrebbe risultare influente.
- L’Italia e le Nazioni Unite dove si collocano in questa diatriba mediorientale?
La posizione dell’Italia appare piuttosto in linea con quella delle Nazioni Unite ed anche dell’Unione Europea. È condivisa, anche da Israele, la convinzione che la soluzione cosiddetta dei due Stati, prefigurata dalla Risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU 181 del 1947, possa essere la via preferibile da percorrere per la pacificazione. Dal 2001 è stato costituito il cosiddetto “Quartetto”, formato da Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti e Federazione russa, per favorire i negoziati e addivenire in via diplomatica alla formazione di due Stati distinti, Israele e Palestina. Tuttavia, ad oggi, nonostante i negoziati, non si è ancora arrivati alla sua realizzazione.
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