Alle prime ore di questa mattina i Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale hanno eseguito in diverse regioni d’Italia, in collaborazione con il R.O.S. di Roma, con l’Arma territorialmente competente e con lo Squadrone eliportato Carabinieri “Cacciatori Puglia”, un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Trani su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di 21 persone a vario titolo ritenute responsabili di associazione a delinquere finalizzata allo scavo clandestino, furto, ricettazione ed esportazione illecita di reperti archeologici e numismatici. Contestualmente sono state svolte decine di perquisizioni disposte dall’ufficio giudiziario inquirente tranese.
Le perquisizioni sono state effettuate anche in provincia di Salerno, a Capaccio Paestum e a Lustra, e a Lavello e Palazzo San Gervasio nel Potentino.
L’ordinanza costituisce il risultato dell’indagine “Canusium”, condotta dal Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Bari, avviata nel 2022 dopo l’individuazione di diversi scavi clandestini a Canosa mediante la componente aerea dell’Arma pugliese. L’inchiesta, sviluppata e ampliata anche sul piano internazionale a partire dallo scorso autunno e supportata da attività tecniche, dinamiche e telematiche, ha consentito di individuare un’organizzazione criminale composta dal classico repertorio strutturato di soggetti che compongono la filiera tipica del fenomeno delinquenziale ai danni dei beni culturali: tombaroli, ricettatori di zona (1° livello) e areali (2° livello), nonché trafficanti internazionali.
Il sodalizio, con basi operative nella provincia di Barletta Andria Trani e con diramazioni in Campania, Lazio e nel resto della Puglia, aveva avviato un fiorente canale commerciale di monete archeologiche che, frutto di scavi clandestini eseguiti in Puglia e in Campania, venivano cedute dai vari ricettatori ai diversi trafficanti internazionali, i quali provvedevano a immetterle sul mercato illecito globale attraverso case d’asta estere. Nel corso delle investigazioni sono state recuperate e sequestrate diverse migliaia di reperti archeologici, tra ceramiche e monete archeologiche d’oro, argento e bronzo, 60 tra metal detector e arnesi idonei allo scavo clandestino, documentazione contabile attestante le transazioni illecite in Italia e con l’estero.
Le misure coercitive e le perquisizioni sono state eseguite in più comuni in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio e Puglia. Durante le investigazioni si è rivelata di fondamentale importanza la consultazione della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” del Ministero della Cultura, in via esclusiva gestita, alimentata e sviluppata sul piano tecnologico dai Carabinieri dell’Arte. E’ il database più grande al mondo nel suo genere, con oltre 1,3 milioni di file relativi a opere da ricercare.