La Giornata mondiale per la consapevolezza sull’Autismo, che si celebra ogni anno il 2 aprile, è stata istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU. La ricorrenza richiama l’attenzione di tutti sui diritti delle persone con comportamenti dello spettro autistico, un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da compromissione qualitativa nelle aree dell’interazione sociale e della comunicazione, modelli ripetitivi e stereotipati di comportamento, interessi e attività.
Per far conoscere la tematica in maniera più coinvolgente e anche più leggera, con l’obiettivo di offrire una visione dello spettro autistico in termini di inclusione, abbiamo contattato il trio comico Terconauti, composto dai fratelli Margherita e Damiano Tercon, entrambi nello spettro autistico, e Philipp Carboni, fidanzato di Margherita. Insieme si definiscono un trio comico proprio perché attraverso contenuti social, sketch musicali e spettacoli teatrali offrono una visione dell’autismo in chiave ironica, concentrandosi sui punti di forza invece che sui deficit.
Con Margherita e Damiano abbiamo affrontato gli alti e i bassi che hanno vissuto in prima persona e, soprattutto, grazie ai loro racconti abbiamo capito che sono ancora poco trattati temi come diversità ed inclusione.
- Cos’è e come si può riconoscere un disturbo dello spettro autistico?
Margherita: Nonostante possa sembrare scontata in realtà questa è una domanda molto difficile, più che altro perché si parla di disturbi dello “spettro” autistico. Le persone autistiche sono tutte diverse tra di loro: ci sono delle caratteristiche comuni e diversi livelli di supporto. È difficile capire se una persona sia autistica, perché non basta uno sguardo. L’autismo rientra tra le “disabilità invisibili”. Per avere delle risposte bisogna intraprendere un percorso diagnostico.
- Tra le forme di autismo c’é anche la sindrome di Asperger?
Margherita: Esatto, la sindrome di Asperger rientra nei disturbi dello spettro autistico, però è vero che moltissime persone ed anche specialisti utilizzano ancora questo termine.
- Margherita, tu di recente hai scoperto di essere autistica.
Margherita: Sì, l’ho scoperto circa un anno e mezzo fa. Damiano ha avuto la diagnosi a 23 anni (ora ne ha 42), io l’ho scoperto a 32 anni. Studiando sempre di più l’autismo e leggendo vari manuali per poter aiutare al meglio mio fratello, mi sono riconosciuta in alcune caratteristiche, quindi ho fatto un percorso diagnostico ed effettivamente è risultato che anche io sono autistica.
- Come nasce l’idea dei Terconauti? Come mai raccontate la vostra quotidianità in chiave ironica?
Margherita: La nostra idea è nata nel 2017; io e Damiano abbiamo iniziato a fare video insieme ed abbiamo conosciuto Philipp nel 2018 che si è innamorato del progetto, che era proprio agli inizi, e da allora pian piano abbiamo costruito tutto insieme fino a diventare i Terconauti. Parliamo con ironia di autismo per più motivi. Da un lato ci piace ridere, divertirci e vedere le altre persone felici; dall’altro lato perché l’ironia è una chiave che permette di arrivare più facilmente alle persone, anche a quelle solitamente non interessate all’argomento. Secondo noi è un modo interessante di fare informazione e di arrivare a più persone e smettere di parlarne in toni pietistici e tristi: con ciò non vogliamo sminuire le difficoltà affrontate, però è anche vero che troppo spesso ci si concentra sui deficit, invece che sui punti di forza. Noi vogliamo cambiare proprio il punto di vista, far vedere la persona oltre la disabilità e mettere in risalto tutto il suo potenziale.
Oggi Damiano è autonomo, ha la patente e sta imparando a vivere da solo. E’ felice per i risultati che persegue giorno dopo giorno, ma non sempre la sua vita è stata rosea, infatti ha dovuto fare i conti con il bullismo e con un terribile periodo depressivo.
- Damiano, hai avuto difficoltà nella vita a causa dell’autismo? Ed eventualmente ne affronti ancora?
Damiano: Adesso no, o almeno non più, per fortuna. Non incontro più gente che mi tratta con disprezzo e che mi vuole male perché sono autistico. Però, ai tempi delle scuole superiori eccome se ce n’erano. Fino ad alcuni anni fa, dal 2006 al 2021, ho lavorato in un posto in cui ho subito mobbing da una collega. Inizialmente era gentile, poi negli ultimi periodi ha iniziato a trattarmi davvero male. Mi diceva: “Ma cosa lavori a fare qui, nessuno ti vuole” oppure “non puoi andare neanche a casa perché non ti vogliono neanche i tuoi”, “nessuno si ricorderà mai di te”, “l’unica cosa che farà il botto di te è la tua pancia”.
Damiano ha dovuto cambiare lavoro perché nonostante i familiari avessero segnalato le continue vessazioni subite la situazione non è mai cambiata: “Ora lavoro in un posto dove sto ‘benissimissimo’ e dove tutti mi adorano!”
- Anche a scuola hai subìto bullismo. Si parla abbastanza di autismo in classe?
Damiano: Purtroppo no, non se ne parla abbastanza, se ne dovrebbe parlare molto di più.
Margherita: Aggiungerei che non solo non si parla abbastanza di autismo, ma di diversità ed inclusione in generale. Diversità da non vedere come qualcosa di sbagliato ma come valore. Damiano purtroppo a suo tempo ha subìto bullismo. Diciamo che ai tempi in cui Damiano frequentava le scuole, parliamo degli anni ‘80/’90, è stato davvero terribile e all’epoca non aveva ancora neanche una diagnosi. I professori invece di aiutarlo gli hanno consigliato di ritirarsi da scuola: alla fine non ha mai preso il diploma. Dopodiché ha vissuto un periodo buio in cui è caduto in depressione e ha pensato di togliersi la vita. Fortunatamente tutto è cambiato negli ultimi anni.
- Com’è stato quel periodo?
Damiano: Dall’asilo fino alle medie tutto bene, poi dalle superiori è stato un vero disastro: bullismo a tutta forza. Non riuscivo ad affrontare la situazione perché se andavo a dirlo ai professori loro sgridavano i miei compagni di classe che a loro volta rispondevano “ma noi scherziamo” e i professori enfatizzavano il fatto che si trattasse di scherzi. A casa non potevo dirlo altrimenti i miei compagni di classe mi avrebbero minacciato di morte. Mi massacravano di botte e pugni; una volta mi hanno rotto il naso con un pugno, un’altra mi hanno chiuso a chiave in un armadio ed hanno iniziato a prendere a calci l’armadio. Mi chiamavano “Damiano di merda”, “mongolo di merda”, “Damiano del cazzo”, mi chiamavano anche “water”.
Oggi, finalmente, attraverso il progetto dei Terconauti, Damiano ha superato il periodo buio della sua vita e con i contenuti che crea cerca di dare voce a tutte le persone che come lui hanno subìto discriminazioni e lo fa ironizzando sui luoghi comuni più frequenti. Ma la gioia più bella è arrivata quando ha trovato il coraggio di salire sul palco e mettere in campo tutto il suo potenziale, ottenendo il suo riscatto: “Ho sentito un’emozione mai provata prima in tutta la mia vita e che ha trasformato la tristezza in felicità, la negatività in positività, la disillusione in sogno e mi ha dato una gioia infinita! Oggi finalmente non sono più depresso”.
- Stando bene con te stesso hai imparato anche a vivere da solo con maggiore sicurezza. Come ti senti?
Damiano: Io da solo sto benissimo, mi rilasso e mi diverto! Faccio quello che voglio e che posso fare. Non ho paura di stare solo come ne avevo da piccolo. Quando ho bisogno di aiuto ho Margherita e Philipp che vivono affianco a me. Ho imparato a fare il sugo, la lavatrice, so apparecchiare e sparecchiare e mi riesce bene fare la lavastoviglie. Poi so farmi il letto e ogni tanto pulisco i fornelli. Invece non mi piace affatto stirare. Però bisogna fare le faccende domestiche perché se vengono gli ospiti devono vedere che la casa è pulita!
- Cosa sogni per il futuro?
Damiano: Sicuramente ho in mente di pubblicare un album in cd, vinile, cassetta e formato digitale, con in copertina un aspiratore degli anni ’60/’70. Hanno un certo fascino per me perché ricordano la mia infanzia e miei primi anni di vita perché quando entravo in posti con l’aspiratore rimanevo attratto, i miei preferiti erano quelli piccoli e quadrati.
Damiano infatti ha una vera e propria passione per gli aspiratori d’epoca, basti pensare che ogni volta che si reca ad un ristorante, ad esempio, come prima cosa va in bagno e vedere che aspiratore c’è. Qui Margherita ci spiega che tra le caratteristiche delle persone autistiche è comune avere delle passioni, o più in generale degli interessi, per argomenti o oggetti particolari e poco comuni.
- Se dovessi vedere comportamenti o interessi particolari in un conoscente autistico o con sospetto autismo, dovrei preoccuparmi?
Margherita: Innanzitutto basta valutare che non siano comportamenti o comunque interessi pericolosi per cui sarebbe necessario intervenire. Damiano da bambino non si interessava ai giochi comuni tra i bambini ma adorava prendere i coperchi delle pentole e farli girare sul pavimento per ore ed ore. Da fuori può sembrare strano ma non c’è da preoccuparsi. Ciò che sembra normale per noi non necessariamente deve esserlo anche per gli altri.
- Come si fa per avere una diagnosi di autismo?
Margherita: Dipende molto dai servizi regionali e soprattutto da quanto sono aggiornati gli specialisti. I centri privati non sono molti nel nostro Paese, però per seguire la strada della sanità pubblica basta chiedere al medico di base di prescrivere una visita per sospetto autismo o sindrome di Asperger, rimandando ad un neurologo, neuropsichiatra o psicoterapeuta che valuterà se intraprendere un percorso diagnostico. Si può anche uscire dalla propria ASL se non la si ritiene abbastanza aggiornata e ci si può rivolgere altrove.
Spesso vengono fatte diagnosi sbagliate, è capitato che l’autismo sia stato confuso con il bipolarismo o altri disturbi ed è un problema, perché una diagnosi corretta è fondamentale per seguire un percorso. Se si cerca una diagnosi bisogna cercare lo specialista più aggiornato. Ogni tanto mi arrivano messaggi da familiari che mi dicono che ci sono genitori o parenti che si vergognano del fatto che il proprio familiare possa essere autistico, fino ad arrivare a tenerlo in chiuso in casa. La diagnosi è fondamentale, avere paura o vergogna peggiora solo la situazione.
- I familiari che cercano supporto, invece, cosa possono fare?
Margherita: Esistono dei centri, a seconda della città o regione di appartenenza in cui ci sono dei gruppi di ascolto per i genitori, dei percorsi per i ragazzi e supporti per adulti. Ad esempio per Damiano abbiamo chiesto il supporto alla nostra Asl, la quale gli assegnerà un educatore che lo accompagnerà nel percorso di autonomia che ha intrapreso andando a vivere da solo.
- Qual è il vostro motto?
Margherita: Sul sito abbiamo scritto “autismo e amore con ironia”. Però abbiamo anche un “mia sorella mi rompe le balle” che ritorna sempre.
- Visto che siete in tre, facciamo un triplo motto?
Margherita: Sì dai, come ultimo vorrei dire il motto più bello: “I limiti sono nella nostra mente”.
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