“Un ragazzo umile, che si emoziona per i piccoli gesti e per la squadra del cuore, il Napoli, che sta facendo un ottimo percorso in Campionato”. Con queste parole si presenta Antonio D’Aquino, attore di Napoli che ha raggiunto il successo grazie alla serie cult “Mare fuori”, firmata Rai, in cui veste i panni di Milos.
Contattato da Ondanews, Antonio si racconta, passando anche attraverso il ruolo ricoperto in “Mare fuori”.
- Antonio, sei un attore giovanissimo, come nasce la tua passione per la recitazione?
Ho sempre avuto la passione per la recitazione, da piccolissimo. Dopo un film o uno spettacolo al teatro mi piaceva ripetere le battute. Poi ho iniziato a creare dei miei sketch, in particolar modo la domenica pomeriggio, dopo pranzo. Facevo accomodare tutti sul divano ed iniziava lo spettacolo. Ho sempre voluto fare l’attore, non l’ho mai fatto da piccolo perché non ci credevo tantissimo. A 18 anni mio padre mi ha spinto a realizzare il mio sogno, mi ha fatto credere in me stesso e ho iniziato a percorrere la mia strada. Ho iniziato a fare i provini per Mare fuori tramite l’agenzia “La Ribalta” ed ora eccomi qui.
- Prima di intraprendere la carriera da attore di cosa ti occupavi?
Ho iniziato a lavorare da giovanissimo, a 14 anni. Andavo a scuola la mattina e nel pomeriggio lavoravo al bar. Fino a 18 anni ho cambiato una decina di lavori, dal bar, al piastrellista, al falegname, poi cameriere e fabbro. Ho iniziato a lavorare da giovanissimo per aiutare la mia famiglia che si sacrifica da 40 anni e volevo dare una mano. Ho rimboccato le maniche, non volevo vivere a loro spese. Raggiunta la maggiore età ho iniziato a lavorare con mio padre sulle navi da crociera, ci occupavamo della manutenzione dell’aria condizionata. Ho lavorato con lui per un anno: è stata dura e sacrificante, stavo lontano dalla famiglia dato che lavoravo all’estero. Mio padre si è accorto che quella non era la mia strada ed ha iniziato a spronarmi affinché realizzassi il mio sogno. Mi ha detto: “Vedo che non sei felice di stare qui”, lui faceva quel lavoro da 40 anni e conosceva bene le difficoltà di quel mestiere, allora ci ho provato, mi sono messo in gioco e mi sono affidato alla mia agenzia, che mi ha aiutato nell’impresa.
- Il successo per te arriva subito, “Mare fuori” è stata una serie molto fortunata.
Non mi aspettavo il successo riscosso da “Mare fuori”. Quando abbiamo letto le sceneggiature della prima stagione sapevamo che era una serie che aveva del bello da raccontare e poteva diventare forte, ma ha superato di gran lunga le nostre aspettative, nessuno credeva che saremmo arrivati a questi livelli.
- Milos è uno dei personaggi più particolari che vediamo, porta sullo schermo diverse tematiche: minoranza etnica ed omosessualità.
Con Milos ho portato in televisione temi molto importanti, tra cui l’omosessualità in carcere che è ancora un tabù, spesso non solo in carcere ma anche fuori. “Mare fuori” è visto da molti giovani quindi spero di aver lanciato un messaggio positivo, spero che l’omosessualità venga vissuta con più naturalezza e non come spunto di emarginazione. Non c’è nulla di sbagliato nell’amare, a prescindere dal sesso, l’amore è bello proprio per questo. Chi ha dato dei canoni? Smettiamo di portare avanti tabù. Purtroppo c’è ancora tanta ignoranza ed è bene sottolineare che l’educazione parte dai genitori. Allora cambiamo le nostre generazioni, rendiamole migliori e, se possiamo, insegniamo anche noi agli adulti che l’amore è naturale, insegniamolo ai nostri figli e sfatiamo le assurdità. Se i genitori insegnano ai figli che l’omosessualità è sbagliata, questi ultimi cresceranno con un pregiudizio. Lo stesso vale per il razzismo.
- Cosa accomuna Antonio e Milos?
Quello che accomuna me e Milos è la voglia di proteggere chi si ama. Come si è visto un po’ nella terza stagione, Milos è molto grato a chi gli ha dato tanto e gli ha donato voglia di vivere. La sua storia è iniziata ad uscire un po’ nella seconda stagione e nella terza è esplosa. Nella prima stagione possiamo dire che ero soltanto un “contorno”, aiutavo a completare le scene. Poi pian piano sono uscito di più come personaggio, ho iniziato a costruire il mio ruolo anche da solo, mi scritturavo le mie scene e le proponevo al regista: spesso sono piaciute e sono state accettate, quindi anche Milos ha meritato una sua storia e al pubblico è piaciuto. Sono orgoglioso di quello che è stato portato avanti.
- Vediamo Milos sempre vicino al personaggio più forte. Cosa dobbiamo aspettarci dalla quarta stagione?
Sicuramente Milos per il segreto che si porta dentro si avvicina ai più forti per protezione, anche se con Edoardo credo sia nato un vero e proprio rapporto di amicizia e tra l’altro condividono anche la cella. Milos vuole proprio bene ad Edoardo, lo vede come una famiglia. Oltre a Luna è l’unica persona che gli sta sempre vicino e non lo fa sentire inferiore agli altri. Non abbiamo ancora le sceneggiature per la nuova stagione, ma per come è finita la terza stagione credo che nella quarta ci troveremo di fronte ad un Milos che dovrà affrontare delle scelte. Spero che ci emozioni come nella stagione precedente e che ci regali molti colpi di scena, sto preparando il personaggio al meglio.
- Nella serie vediamo una realtà carceraria sicuramente romanzata. Nella realtà credi che le carceri siano educative o punitive?
Credo che qualcosa ancora manchi, a livello educativo intendo. Spero che in futuro si possano colmare le mancanze, sia per gli istituti minorili che per adulti, e mi riferisco proprio al percorso di rieducazione e reintegrazione una volta fuori. Bisogna accompagnare chi sconta la pena nel percorso di crescita che sta affrontando, dargli una lezione che sia di insegnamento e inserirlo successivamente in un contesto di vita o indirizzarlo in qualche modo sulla giusta via, non abbandonarlo nuovamente. “Mare fuori” può essere un esempio per questo e lo testimoniano i tanti messaggi che ho ricevuto da ragazzi che hanno visto la serie e che sono stati in un IPM per qualche ragione. Grazie alla serie hanno visto uno spiraglio di luce in più, credo quindi che si stia lanciando un ottimo messaggio.
- In “Mare fuori” vediamo ancora una volta una Napoli di sistema. E’ così anche nella realtà o è un mito da sfatare?
Purtroppo è ancora esistente e non sono io a dirlo ma la cronaca quotidiana. Ma è così in tutta Italia, c’è un sistema dietro. A Napoli si è sempre detto che una voce in un sacco non fa rumore: o ci svegliamo tutti e facciamo in modo che le cose cambino oppure resta tutto uguale. In primis devono cambiare le persone che devono capire cosa davvero vogliono, ma lo dico per tutte le persone, proprio come Stato, perché dobbiamo smetterla di far passare sempre il marcio.
- E i giovani, in tal senso, li vedi con la voglia di riscatto come nella serie?
Tutti i ragazzi di Napoli che hanno a che fare con quella realtà hanno voglia di cambiare le proprie vite, tutto sta negli insegnamenti. Tutti vogliamo prendere la strada giusta, il problema è che spesso non c’è una persona che consiglia nel modo migliore, probabilmente anche in maniera involontaria perché trasmette l’insegnamento ricevuto. Io vivo in un quartiere popolare, posso aspettarmi di tutto quando esco di casa e vedo i ragazzi e il modo in cui crescono; spesso hanno semplicemente voglia di darsi da fare, di rimboccarsi le maniche, ma non sempre hanno il giusto mentore e si aggrappano a qualsiasi cosa la vita gli offra. Noi dobbiamo semplicemente essere bravi a guidarli, a dargli una speranza positiva e fargli avere il riscatto che meritano. Napoli è anche storia, cultura, vita, non è solo ciò che vogliono spesso raccontare i giornali, vista spesso come “parafulmine” di tutte le cronache nere: tutto il marcio finisce sempre qui, tutte le cose negative sempre in prima pagina. Napoli ha tanto da dare, ha tanta cultura, tanti artisti che hanno fatto la storia, sottolineiamo questo, facciamolo emergere. Adesso c’è anche il Campionato che ci rende tutti uniti ed orgogliosi, ecco abbiamo anche lo sport.
- Nella serie ogni personaggio ha un suo “Mare fuori”, tu nella realtà ne hai uno?
Sicuramente la mia famiglia, sono loro il mio mare fuori ed il mio porto sicuro. Sono loro a spronarmi in positivo per ogni cosa che faccio, mi spingono a dare il massimo ad ogni provino, mi sostengono e mi accompagnano in ogni mio percorso. Quando sono giù di morale sono loro a darmi la carica di cui ho bisogno. Poi credo anche che mare fuori significhi libertà: di agire, di scegliere.
- Cosa dici ai ragazzi che vedono in te una fonte di ispirazione?
Dico loro di sognare, di credere nel proprio talento, di focalizzarsi sui propri obiettivi e portarli a termine perché la sensazione più bella nella vita è quella di sentirsi realizzati. Ogni volta che i ragazzi mi fermano per strada per complimentarsi, mi fermo 5 minuti a parlare e cerco sempre di spronarli, di capire le loro passioni e li incito a portarle avanti. Dico loro di non fermarsi mai, di avere determinazione e mettere da parte le paure, soprattutto quella di fallire, perché a volte proprio dagli sbagli e dai fallimenti nascono i successi.