L’approvazione da parte del Parlamento europeo della direttiva sulle case green ripropone il tema dell’adeguamento energetico degli edifici, argomento particolarmente sensibile per l’Italia, in cui il patrimonio abitativo è vetusto ed energivoro più che in tante altre realtà europee. Il 53,7% delle abitazioni italiane, infatti, ha più di 50 anni (risulta costruito prima del 1970), un ulteriore 31% è stato edificato nel ventennio successivo (1971-1990) ed il 7,4% nel periodo 1991-2000. Meno dell’8% è stato edificato nell’ultimo ventennio.
Alla luce di tale situazione risulta evidente la necessità di intervenire con lavori di ristrutturazione e di efficientamento energetico in non meno di 9,7 milioni di edifici in Italia, per un investimento complessivo (la stima è dell’Ufficio Studi Federcepicostruzioni su dati Istat-Enea) di circa mille miliardi di euro.
“La direttiva europea – commenta il presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi – dimostra come il Governo italiano sia stato troppo precipitoso e avventato nel sopprimere uno strumento, il Superbonus 110%, che ha attivato investimenti per 68,5 miliardi consentendo la riqualificazione energetica, con conseguente guadagno di due classi, di 55mila condomini, 221mila edifici unifamiliari e 109mila edifici funzionalmente indipendenti”.
La direttiva europea, che passa ora al vaglio del cosiddetto “trilogo” (Parlamento europeo, Consiglio europeo e Commissione europea), per poi tornare in assemblea plenaria per l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore (entro il 2023, stando alle intenzioni dei relatori), impone agli Stati una serie di misure finalizzate all’obiettivo “emissioni zero” da realizzare entro il 2050, con step intermedi particolarmente impattanti ed onerosi per l’Italia. Le costruzioni esistenti dovranno essere infatti portate in classe energetica E entro il 2030 (2027 per gli edifici pubblici) e D entro il 2033. Il 61% degli immobili (7.622.524) è oltre le classi energetiche minime di tolleranza indicate dall’Europa (D ed E).
“In attesa che l’Europa chiarisca se ci saranno, ed in che misura, sostegni finanziari per il conseguimento di questi ambiziosi obiettivi – aggiunge ancora il presidente Lombardi – occorre che il Governo individui sollecitamente, mettendo a frutto anche l’esperienza del Superbonus, percorsi per l’adeguamento energetico del patrimonio abitativo privato e pubblico, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia dove la situazione è più preoccupante. La maggior parte delle case ha un’età superiore ai 50 anni e un’ulteriore significativa quota risulta edificata tra il 1971 ed il 1990. In questo contesto è andata purtroppo sprecata un’importante occasione di rilancio della filiera delle costruzioni, strettamente legata alla politica della riqualificazione energetica, come il Superbonus 110%. La strada degli interventi di miglioramento della vivibilità interna e della qualità ambientale delle abitazioni deve rimanere una priorità anche per il nostro Paese, che più dei partner europei sconta una forte dipendenza energetica da Paesi esteri”.
L’Ufficio Studi di Federcepicostruzioni stima che su 12 milioni di edifici in Italia il 77,9% (vale a dire 9.740.581 edifici) necessita di interventi di riqualificazione per rientrare nella classe energetica D dall’Europa. Il 61% degli immobili (7.622.524) è oltre le classi energetiche minime di tolleranza indicate dall’Europa (D ed E). Stimando il costo medio di un intervento in 104.500 euro, gli investimenti da attivare da qui al 2033 (salvo proroghe delle scadenze) ammontano a circa mille miliardi di euro, vale a dire in media 100 miliardi l’anno. “Un importo evidentemente insostenibile in mancanza di un’adeguata ed incisiva politica di sostegno da parte dell’Europa” dice Lombardi.
“Occorre un programma straordinario europeo per incentivare e sostenere la transizione ecologica e perseguire l’ambizioso ma fondamentale obiettivo di avere, dal 2033, solo edifici a consumi zero, energeticamente autosufficienti – conclude il presidente di Federcepicostruzioni – che abbracci non solo le detrazioni fiscali, che vanno necessariamente riproposte e confermate, ma che attivi anche investimenti privati e promuova mutui specifici agevolati per le famiglie con reddito medio-basso. Persistere in un atteggiamento dilatorio ricadrebbe proprio sulle famiglie più deboli giacché i mancati interventi di riqualificazione, dopo le scadenze imposte dall’Ue, si tradurrebbero inevitabilmente in sensibili crolli del valore degli immobili”.