“In Campania troppi sono i rifiuti tessili che finiscono erroneamente nel contenitore del secco indifferenziato. Partendo dalla stima, su base nazionale, fatta dall’Ispra di un 5,7% secco indifferenziato caratterizzato da questa tipologia di rifiuto è possibile ipotizzare, solo per il 2020, un quantitativo di oltre 670 tonnellate tra vestiti, abiti e tessuti vari sfuggiti in Campania al processo di recupero e riciclo”.
Lo afferma Francesco Esposito, dell’ufficio scientifico Legambiente Campania, il quale sottolinea la necessità istituzionale di “veicolare informazioni sul corretto conferimento di tutte le tipologie di rifiuti, come il primo passo per migliorare la raccolta differenziata, mettendo a dieta il sacco dell’indifferenziata e contribuendo al circolo virtuoso del riciclo anche di questa tipologia di rifiuto. L’analisi fa parte dell’edizione 2022 del report dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e del dossier ‘Facciamo secco il sacco’, in cui Legambiente Campania ha effettuato una piccola indagine selezionando un campione di comuni campani per ogni provincia e individuando nel sito istituzionale il calendario e le regole di conferimento per la differenziata per i rifiuti tessili. Nel 55,2% dei comuni esaminati non sono riportate le informazioni per il corretto conferimento della frazione tessile. Nella maggior parte dei casi la raccolta di questa tipologia di rifiuto è fatta grazie alla presenza di contenitori specifici distribuiti sul territorio comunale, oppure vi è la raccolta effettuata attraverso il deposito nelle isole ecologiche”.
“A partire dall’1 gennaio 2022 – ricorda Esposito – in Italia è scattato l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili anticipando la normativa europea che ne prevede l’attivazione della raccolta separata a partire dal 2025. La nuova disciplina approvata dal Parlamento italiano va ora contestualizzata in una realtà eterogenea come quella del nostro Paese. La raccolta dei rifiuti tessili, forse proprio per la prolungata assenza di un obbligo di legge rappresenta un poco una Cenerentola della differenziata, con regole più che mai diversificate in base ai comuni”.
Dai dati emerge che in Campania, nel 2020, la produzione di rifiuti tessili è stata di 14.263 tonnellate, in diminuzione rispetto al 2019 del 7%. La frazione tessile rappresenta lo 0,6% del totale dei rifiuti prodotti in Campania, valore superiore alla media nazionale sullo 0,5% e anche al dato medio del Sud Italia che si ferma allo 0,42%.
Tra le province della Campania, in termini di produzione assoluta di rifiuti tessili, il maggior contributo arriva da quella di Napoli con ben 7.962 tonnellate, seguita dalla provincia di Caserta con 2.436 tonnellate e da quella di Salerno con 2.133 tonnellate. Chiudono, invece, le province di Avellino con 998 tonnellate e di Benevento con 707 tonnellate.
In termini di produzione assoluta, tutte le province campane mostrano una crescita generale della produzione e raccolta di questa tipologia di rifiuto.
Sull’aumento della produzione di rifiuti tessile è la provincia di Avellino che fa registrare un balzo in avanti più grande con un + 61% dal 2016 al 2020. Grande aumento anche dalla provincia di Caserta che segna un +33%, seguita poi dalla provincia di Napoli con un +29%, da quella di Salerno con un aumento dal 2016 al 2020 del 14% e infine da quella di Benevento con un 10%. In base alla popolazione residente la situazione più complessa si riscontra nei Comuni con più di 15.000 abitanti: solo un comune su tre di questo raggruppamento riporta le informazioni sulle modalità di raccolta di questa categoria di rifiuti.
La provincia di Salerno risulta la più virtuosa in termini di comunicazione sul conferimento della frazione tessile con il 66,7% dei comuni campionati per l’indagine che riporta sul proprio sito le corrette informazioni per la raccolta di questa tipologia di rifiuto.