A distanza di un anno da una piena assoluzione non è stato rivisto il procedimento disciplinare a suo carico. E’ la vicenda che vede protagonista Michael Louis Giffoni, primo ambasciatore italiano in Kosovo di origini teggianesi, licenziato nel 2014 perché accusato di un traffico di visti e permessi di soggiorno condotto da un impiegato del quale Giffoni si era fidato e successivamente radiato. Giffoni lo scorso anno è stato assolto dal Tribunale di Roma perchè il fatto non sussiste e non costituisce reato.
L’ambasciatore Giffoni, dopo un anno, racconta la sua vicenda giudiziaria e personale a Radio Radicale nel corso del programma “Lo stato del Diritto” condotto da Irene Testa.
Quest’anno erano attese novità in merito al suo reintegro, ma così non è stato. “Dopo la sentenza con cui venivo assolto con formula piena da entrambi i delitti che mi erano stati ascritti – racconta Giffoni a Radio Radicale – finalmente mi sentivo sereno e mi aspettavo che di questa assoluzione con formula strapiena l’Amministrazione prendesse atto nel riconsiderare la mia situazione professionale. Quella serenità mi è durata qualche mese, ma poi l’ho persa di nuovo. Non ho più tensione perchè la verità è stata ristabilita, ma quello che io auspicavo non è avvenuto perchè il Ministero degli Esteri non ha accolto la mia istanza di revisione del procedimento disciplinare“.
Giffoni era prima stato sospeso cautelarmente e poi destituito dalla sua professione sulla base delle accuse mosse dalla Procura e poi considerate infondate dalla sentenza del Tribunale. E’ stato l’unico caso di destituzione di un diplomatico italiano almeno dal dopoguerra in poi.
Dopo 7 anni di battaglie giudiziarie, dunque, l’ambasciatore di origini teggianesi non ha ottenuto pienamente giustizia. “La sentenza del 27 settembre 2021 è stata motivata il 27 dicembre dello scorso anno, – spiega ancora – non è stato presentato alcun ricorso dalla Procura e dunque è passata in giudicato il 12 febbraio di quest’anno. L’assoluzione è dunque piena, definitiva e irrevocabile. Il mio auspicio era che l’Amministrazione ne prendesse atto per riconsiderare la mia posizione professionale, anche in applicazione degli articoli 652, 653 e 654 per i quali la sentenza passata in giudicato fa stato nei confronti di tutte le parti costituite. Io ho aspettato con molta pacatezza che la sentenza passasse in giudicato, il 23 marzo scorso ho chiesto che l’Amministrazione prendesse atto delle conseguenze che, ai fini di una possibile reintegrazione in servizio o revisione del procedimento disciplinare, tale sentenza riverbera sulla destituzione che appare ingiusta e sproporzionata, alla luce di quanto accertato dai giudici“.
Da evidenziare che l’ambasciatore Giffoni, nella sua istanza per il reintegro presentata a marzo, aveva rinunciato ad ogni pretesa risarcitoria nei confronti del Ministero. Ma dopo mesi di silenzio si è visto recapitare un decreto di rigetto dell’istanza stessa che, secondo il Ministero, non può essere accolta. Michael Giffoni, nel corso dell’intervista a Radio Radicale, annuncia che proporrà ricorso al Tar del Lazio contro quest’ultimo decreto emesso dal Ministero degli Esteri. “L’amarezza è maggiore perchè dopo 8 anni e mezzo e una sentenza passata in giudicato, mi tocca intraprendere un lungo percorso giudiziario amministrativo facendo ricorso a un organo che per due volte, nel 2015 e nel 2016, aveva sentenziato a mio favore annullando due decreti di destituzione, ordinando all’Amministrazione la mia riammissione in servizio” conclude Giffoni, che sottolinea: “In Italia lo stato di diritto è ormai un’espressione vaga e astratta che non ha alcun riscontro concreto nella realtà“.
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