I sondaggi hanno già consegnato al 25 settembre i risultati attendibili delle consultazioni politiche, tant’è che vari dicasteri sarebbero stati già assegnati nella spartizione del potere. E poco importa se il giudizio ultimo spetti sempre e comunque al popolo sovrano, agli elettori che andranno al seggio a votare, a quelli che non ci andranno perché tanto son tutti uguali, a quelli che sono sfiduciati verso i partiti e le istituzioni. Spira aria di populismo del tipo che si alimenta di “passioni tristi”: delusione, risentimento, rabbia, sconforto, paura soprattutto.
C’è un dato inconfutabile che caratterizza la leadership populista ed è quello di non avere principi né idee e nemmeno strategie. Si avvale della scontentezza, delle tensioni, delle insoddisfazioni dell’elettorato, le percepisce e le sostiene, anzi le alimenta e ne produce un indebolimento delle democrazie. Non per niente questa tattica è riconducibile a Benito Mussolini: l’invenzione del nemico, magari invasore, e degli immigrati. Siamo alle soglie del centenario della marcia su Roma e a me pare terrificante che a Palazzo Chigi e al Governo possano andare gli eredi di quella storia e di quelle idee. Tuttavia non posso non considerare un “ragionamento” di Ciriaco De Mita quando ricordava che i “sondaggi” non sono “voti”, così come le “previsioni” non sono sempre “attendibili”.
Dunque, l’esito delle elezioni del 25 settembre non è scontato. Chi la pensa diversamente sconosce le lezioni della storia, non tiene conto che la storia insegna come la democrazia è sempre lotta per la democrazia. In momenti come questi vado volentieri su “La Storia d’Italia” di Indro Montanelli e ne riporto un passaggio: “In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire. Lo diceva Mussolini: ‘Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?‘“.
Non vorrei sollevare polemiche come quelle insorte a seguito dell’opinione su “Chi ha tradito il Vallo di Diano” pubblicata il 6 agosto 2019, però come si fa a non osservare con tristezza l’assenza assoluta su tutti i fronti dello schieramento politico di un solo candidato che sia uno in rappresentanza del Vallo di Diano? Possibile che nessuno si sia sentito stimolato dalla voglia di portare nell’agone politico la voce dei 14 Comuni del Vallo di Diano? Vado a memoria: è la prima volta che nelle liste presentate per le votazioni manca un portavoce di questo territorio, che pure ha una storia notevole di parlamentari illustri che ne hanno esaltato meriti e valori. Possibile non ci siano persone in cui i cittadini si riconoscano perché portano avanti con fatica quotidiana impegni e ideali? Possibile che non ci sia chi provi a rendere questo Vallo di Diano un posto migliore? Eppure non manca gente che lavora a testa bassa senza chiedere applausi e che manda avanti il territorio in cui viviamo. Non voglio credere che sia stata questione del taglio dei parlamentari, perché il problema non è che siano meno i deputati e i senatori. Il problema è che siano meglio, meglio di quelli di adesso, con rispetto per tutti. Di certo la gente dovrà riflettere su questa “rinuncia”, dovrà meditare su questa “mancanza di responsabilità”. Che non si traduca nell’astensione al voto e in scelte che ci portano indietro nel tempo e nella storia.
– Franco Iorio –