Nonostante la modifica del regolamento per la tutela degli animali che, su carta, cinque anni fa ha vietato la presenza degli animali dei circhi sul suolo comunale con un provvedimento mai andato in vigore, per l’ennesima volta un circo con animali ha messo le tende a Salerno due giorni fa e per l’ennesima volta attivisti appartenenti a diverse sigle animaliste hanno partecipato al presidio di sensibilizzazione in programma ieri pomeriggio in via Salvador Allende.
“C’eravamo, ancora una volta, perché le ragioni degli animali si urlano dove c’è più bisogno – dichiara l’associazione Veg Campania – Tra volantini distribuiti alle auto in transito e l’impotenza di guardare un dromedario visibile dall’esterno, chiuso in un recinto grande quanto una stanza, che non aveva altro da fare se non continuare a girare in tondo, in tondo ed ancora in tondo, senza nemmeno un riparo in cui rifugiarsi lontano dagli sguardi della gente, è trascorso anche il pomeriggio di ieri, chiedendo agli spettatori, pronti a fare la fila alla biglietteria, di provare a mettersi nei loro panni. Nei panni di chi vive una vita di prigionia continua, senza aver commesso alcuna colpa. Non esiste per questi animali un momento di pace. Alla reclusione, come se non bastasse, si aggiunge l’addestramento forzato. Gli esercizi che eseguono sul palco sono il risultato di più fasi: nella prima viene impressa nell’animale la fondamentale paura per strumenti quali frusta e bastone uncinato usati nell’addestramento e che il giovane animale sperimenterà con dolore sul proprio corpo, più e più volte. Le posizioni e gli esercizi che si impongono all’animale contrastano violentemente con la sua fisiologia ed il corpo non è in grado di riprodurli se non costretto a forza: basti pensare all’elefante in posizione verticale con le zampe posteriori alzate in aria o alla tigre, che nonostante il terrore atavico per il fuoco, è costretta a saltare attraverso un cerchio infuocato”.
Secondo l’associazione, la stessa sofferenza esistente al circo la ritroviamo nel circo acquatico dove gli animali non hanno sbarre ma pareti di vetro ad imprigionarli. Per una serie di polemiche nate nei giorni scorsi, i circensi hanno messo “temporaneamente in stand by”, come il loro stesso amministratore ha dichiarato in una recente intervista, sette acrobati russi: “Ci chiediamo in che modo chi ha voluto questa guerra possa mai essere toccato dal fatto che sette artisti, in una città del Sud Italia, non lavoreranno perché di nazionalità russa. Che contributo contro la disumanità della guerra può mai rappresentare la scelta di sospendere le loro performance? E così, nelle locandine virtuali ed in quelle cartacee, dopo ‘Circo’, sono state nascoste le parole ‘di Mosca’ sostituite con ‘Acquatico’. Circo Acquatico viene ripetuto, ribadito con forza”.
“Ci si vanta della presenza delle otarie – concludono – Animali che in natura fanno immersioni continue e possono rimanere in mare per due settimane senza toccare terra; i loro piccoli, poi, lasciati sulla terraferma, tendono a riunirsi, socializzare e giocare tra di loro in una sorta di asilo naturale. Ma in un circo le otarie, al pari di tutti gli altri animali, sono costrette ad esibirsi in esercizi innaturali ed a trascorrere tutta la loro vita in vasche minuscole. E che dire dell’ippopotamo solitario che capeggia sui manifesti? L’ippopotamo è un animale sociale che ama spostarsi in gruppo e può correre fino a quaranta chilometri orari. Un animale, mastodontico e fiero, che in cattività diventa l’ombra di se stesso, rinchiuso in uno spazio angusto perché la nostra voglia di svago non deve essere messa in discussione. Strizzando sempre un occhio al ‘politically correct’, ovviamente. Allora che senso ha nascondere la parola ‘Mosca’, quando quello che si fa, tutti i giorni, è nascondere la vera natura del circo, dietro le luci scintillanti del tendone e con la complicità della politica? Fuori l’ipocrisia, fuori il circo con gli animali dalla nostra città”.
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