L’aumento delle materie prime, il rincaro del carburante e quello dell’elettricità hanno portato gli allevatori e gli agricoltori del Vallo di Diano a riunirsi oggi presso la sede del Consorzio di Bonifica a Padula. Le problematiche affrontate riguardano lo scompenso tra i costi di produzione e il prezzo di vendita del latte.
Un gruppo folto di allevatori del Vallo di Diano, assieme a qualche rappresentante della Piana del Sele, vuole far sentire la sua voce di protesta.
“Il problema viene da lontano. Il settore zootecnico è da sempre quello più bistrattato, ma ora la situazione è peggiorata. Viaggiamo intorno a 0,46 centesimi per il latte mentre i costi delle materie prime sono alle stelle. – afferma il presidente del Consorzio di Bonifica Beniamino Curcio – Se un giovane ha scommesso su questo tipo di attività non può essere umiliato da un fenomeno più grande di noi. Esprimo la mia solidarietà alla causa”.
La passione deve fare i conti con il mercato, ma la domanda è fino a che punto gli Enti e le associazioni di categoria si stanno impegnando per risollevare le sorti del settore? Quale può essere l’iniziativa da intraprendere a breve termine?
“Vorremmo convocare i caseifici per far aumentare il prezzo del latte. – dicono gli allevatori – Con quello attuale non possiamo garantire la stessa quantità di produzione degli scorsi mesi, né la qualità. Per fronteggiare l’emergenza stiamo mandando gli animali meno produttivi al macello, di conseguenza l’offerta del latte sul mercato diminuirà. È una scelta dettata dalla sopravvivenza”.
In primavera generalmente il guadagno per gli allevatori era maggiore che in altri periodi e consentiva di affrontare le spese estive legate alla lavorazione dei campi. Ad oggi la prospettiva è completamente diversa a causa dei costi elevati dei concimi, delle sementi e del carburante agricolo.
“Attualmente il prezzo di vendita di un litro di latte dovrebbe essere almeno di 0,60 centesimi per coprire i costi di produzione, altrimenti non possiamo più mandare avanti le attività. – reclamano gli allevatori – Abbassare la produzione del 5 o 10% potrebbe scatenare una reazione negli acquirenti, però i piccoli imprenditori, così facendo, morirebbero. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di consentire la lavorazione del latte solo ai caseifici aziendali e poi far rientrare i prodotti nell’azienda agricola. L’aumento di 0,02 centesimi ricevuto da alcuni allevatori nei mesi scorsi è stato un contentino. – lamentano – Si tratta di una misura insufficiente”.
Un altro problema è l’approvvigionamento delle materie prime che già durante la fase pandemica da Covid avevano subito un incremento notevole e da oggi, a causa del conflitto bellico, potrebbero non essere più reperibili. “Il mais veniva dalla Ucraina: il prezzo in borsa da 28 euro a quintale è arrivato a 41 euro. – affermano gli allevatori – Alla stalla il prodotto raggiunge il costo di 48 euro a quintale”.
Per fronteggiare questa emergenza, i più grandi mangimifici si potrebbero rivolgere all’America Latina. “Arriverà dal Brasile merce che non rispetta la normativa europea circa il livello di aflatossine con tutti i rischi che potrebbero presentarsi nel prodotto. – commentano – Inoltre i tempi di consegna saranno molto lunghi col rischio che potremmo rimanere senza scorte”.
Gli allevatori del Vallo di Diano si stanno organizzando per far sentire il loro grido di allarme alla Regione e ad altri Enti competenti; il fine è quello di sensibilizzare le istituzioni sul rischio della scomparsa degli allevamenti bovini che non risultano tutelati come quelli bufalini.