“Penso ai genitori (…) Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli: come gestire questo, come accompagnarli e non nascondersi in un atteggiamento di condanna”.
Sono le affermazioni che ha fatto Papa Francesco nel corso dell’Udienza Generale del 26 gennaio. Affermazioni che confermano, ancora una volta, la straordinaria apertura del Pontefice nei confronti di un argomento tanto importante quanto delicato: l’omosessualità.
Parlarne comporta dei rischi perché è facile cadere in banalità o, peggio ancora, in etichettature che creano ulteriori barriere che si vanno ad unire a quelle che, purtroppo, ancora ci sono nelle menti di molte persone. Ma allora, come provare a superare queste barriere? Come abituare le persone a non dover giudicare qualcuno in base al proprio orientamento sessuale? Come preparare i genitori ad accogliere un coming out del proprio figlio come un atto d’amore senza alcuna condanna o delusione? E soprattutto, come aiutare un ragazzo o una ragazza a farlo?
La chiave è parlarne quanto più possibile e allora abbiamo pensato di farlo con una persona che ci può aiutare in base alla propria esperienza, Giancarlo Guercio, che ci ha gentilmente concesso l’intervista che segue.
- Come interpreti le dichiarazioni fatte da Papa Francesco nel corso dell’udienza del 26 gennaio ma anche del passato? Cito la più nota: “Chi sono io per giudicare un gay?”
Le parole di Papa Francesco sono significative e sono pronunciate da una persona che stimo molto, perché su questa come su tante altre questioni etiche ha assunto una posizione netta, libera. C’è bisogno che persone così autorevoli si esprimano in modo chiaro e preciso, e Papa Francesco lo fa sempre. Temo solo che la sua sia “una voce nel deserto”. Mi piacerebbe molto che le sue parole potessero essere pronunciate anche dai Cardinali, dai Vescovi, dagli uomini di chiesa.
- Perché secondo te è così difficile per un ragazzo o una ragazza rivelare ai genitori la propria natura sessuale?
Per un mero retaggio culturale. Se i genitori riflettessero bene che si tratta del loro figlio, o della loro figlia, non ci sarebbe nulla di sconvolgente. È una cosa naturale. Però sono consapevole delle difficoltà reali che si affrontano. Culturalmente ci sono molti freni ad impedire una serena convivenza con quello che appare ancora come un problema. Un ragazzo, o una ragazza, omosessuale fanno fatica ad accettarsi per il riflesso di un contesto sociale giudicante e poco disponibile a confrontarsi con la diversità, che è il vero valore aggiunto di una società e non il suo tratto discriminante.
- Cosa consigli di fare loro?
Evitare sforzi di affermazione o di repressione e viversi serenamente quel che la natura detta. È ingiusto dover cambiare se stessi in favore di una percezione esterna. È un percorso complesso e non semplice da definire e realizzare, ma è l’unico sforzo da fare: essere semplicemente sé stessi, evitando ogni forma di esasperazione che è proprio il tratto della discriminazione.
- E cosa ti senti di dire ad un genitore che riceve questa confidenza?
Di assumersi con disponibilità e responsabilità il ruolo di genitore. Comprendo le tante paure di un genitore che accoglie una verità del genere da parte di un proprio figlio, o figlia. Molte di queste preoccupazioni sono lecite, considerando pericoli e rischi che si possono correre. Il giudizio sociale e familiare sono forse gli scogli più difficili da superare. Ma a maggior ragione è importante assicurare la propria presenza amorevole e accogliente. Se i primi a discriminare sono i propri genitori, che considerazione potrà avere quel ragazzo, o quella ragazza, degli altri, degli estranei con i quali si dovrà relazionare? Pertanto, con serenità, è una questione che si può affrontare. È il buon esempio che conta, e un atteggiamento ragionevole e amorevole.
- Quanto è pronta la società, e nel nostro caso il Vallo di Diano, ad accogliere una persona omosessuale senza pregiudizi e ad andare al di là del suo orientamento sessuale?
Oggi mi sembra che la società in generale sia regredita rispetto al modo in cui debbano affrontarsi certi temi, non solo l’omosessualità. Vedo una minore disponibilità a confrontarsi seriamente sulle cose, a promuovere un’azione accogliente, inclusiva. E ciò deriva da una mancata disponibilità e volontà di conoscere, di sapere. La conoscenza richiede lavoro, sforzo, e oggi vedo che si è poco disponibili a farlo. È molto più semplice riversare le proprie opinioni momentanee e sterili ad esempio sui social che purtroppo hanno rafforzato il peso del giudizio. Auspico di cuore un cambio di tendenza.
- Che ruolo può avere la scuola secondo te?
La scuola ha un ruolo fondamentale, per il tema dell’omosessualità e per tutti i temi della società. La scuola deve sentirsi responsabile: è l’istituzione che eroga la formazione e la conoscenza e il grado di preparazione per affrontare i temi civili e sociali dipende da essa. Ma la scuola deve recuperare la sua autorevolezza sociale, altrimenti si mostra debole e poco efficace divenendo non credibile. Esito deleterio per la società che cadrebbe in una inevitabile barbarie.
- E le altre Istituzioni?
Ognuno per il suo ha un ruolo importante. Ma le Istituzioni oggi debbono rinsaldare le proprie fondamenta nel terreno dell’etica, che per varie ragioni è stata indebolita. Risvegliare le coscienze delle istituzioni significa rafforzarne le radici etiche. Procrastinare il torpore in cui vivono le istituzioni favorisce soltanto gli interessi di poteri forti e, il più delle volte, occulti. Non si tratta quindi di affermare il tema dell’omosessualità ma di difendere la democrazia come libero spazio di espressione all’interno di un contesto che volge al giusto e al bello.
- In conclusione, immagina che un ragazzo o una ragazza stia leggendo questa intervista e si senta schiacciato da un vero e proprio peso perché non sa come fare: cosa senti di dirgli/dirle?
Vivi. Ascoltati bene, focalizza il modo più adatto per esprimere liberamente e con rispetto le tue prerogative, e poi viviti. Abbiamo una sola opportunità per essere felici e per restituire al tempo energia di vita. Siamo fatti così, questi sono i tratti della nostra natura: che nessuno la offenda. Viviamoci con dignità e verità e avremo messo un mattone verso la costruzione del bene e del bello. È una necessità per noi ma è anche un esempio per gli altri.