Nella cornice storica della Certosa di Padula Differenza donna ha festeggiato il 5° anno del Centro antiviolenza Aretusa, con sede ad Atena Lucana. In un ricco pomeriggio è stata affrontata la tematica del Femminicidio: il ruolo della rete antiviolenza per prevenirlo e garantire sostegno e protezione agli orfani e alle orfane di femminicidio.
Una giornata ricca di interventi sostenuti da professionisti del settore, rappresentanti della compagine investigativa e politica con l’obiettivo di diffondere l’operato dei presidi antiviolenza e attuare un cambio di visione culturale sulla discriminazione di genere.
Catia Pafundi, responsabile Centro Aretusa ha raccontato la sua soddisfazione. “La voglia di diffondere la nostra competenza alle donne che ne avevano bisogno è stata la spinta per l’apertura del nostro centro nel Vallo di Diano. Siamo arrivate a 400 donne aiutate. 250 i minori che hanno assistito alla violenza domestica e di cui ci siamo presi cura. Il primo passo di consapevolezza che una donna assume è chiamare un centro antiviolenza e non un’amica. Siamo un punto di riferimento anche per i comuni e le regioni limitrofe, come ha dimostrato la fase del lockdown. In quel periodo abbiamo continuato a sostenere le donne con metodologie alternative. La rete territoriale ci riconosce e vuole collaborare: per noi è un segnale importante”.
Un punto comune negli interventi dei relatori è stata la necessità di sostenere le vittime di violenza nell’intero percorso che le conduce ad affrontare con maggiore serenità il processo giudiziario. Per far sì che tutto avvenga in sicurezza si è più volte evidenziata la necessità di un’azione sinergica tra Istituzioni, Forze dell’Ordine e società civile.
“A distanza di 5 anni torno qui e trovo una scommessa vinta nel riuscire ad intercettare il bisogno che c’era in questo territorio. – esordisce Valeria Valente, Presidente Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Femminicidio – È una soddisfazione per il ruolo che rivesto e continuo a credere che non ci sia un soggetto più deputato al sostegno delle donne del centro antiviolenza. Da questi luoghi le donne possono essere accompagnate nei percorsi giudiziari, ricevono accoglienza con uno sguardo, un gesto, con la vicinanza, non con domande. Oggi più delle norme serve dire alle donne che subiscono violenza che non c’è una società che le giudica. Credo le istituzioni abbiano il compito di supportare il pezzo migliore di noi, ovvero i centri antiviolenza che incentivano una battaglia culturale nella lettura del fenomeno della discriminazione di genere e della violenza”.
Lo Stato italiano ha fatto qualche passo avanti rispetto al passato emanando nel 2019 la Legge Codice rosso, a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti. Inoltre, a seconda delle disposizioni del Giudice, chi ha il divieto di avvicinamento alla vittima di violenza può essere obbligato a indossare un braccialetto elettronico che permette alla vittima di ricevere l’allarme sul suo cellulare e contemporaneamente ai Carabinieri di intervenire immediatamente.
“Il 25 novembre non basta ad attenzionare la problematica della violenza di genere: la nostra lotta alla discriminazione va avanti ogni giorno. – commenta Elisa Ercoli, Presidente di Differenza Donna – Con il centro antiviolenza abbiamo messo insieme la prevenzione e la protezione, elementi fondamentali della Convenzione di Istanbul che si incentra sulla collaborazione integrata”.
Numerosi i contributi di Giudici e Procuratori della Repubblica che sono intervenuti da remoto.
Francesco Menditto, Procuratore della Repubblica di Tivoli ha rimarcato il ruolo fondamentale dei centri di supporto alle donne: “A distanza di 5 anni le denunce sono aumentate, – commenta – 2 donne su 10 si sentono tutelate dai centri antiviolenza perciò si sentono libere di raccontare la loro disavventura”.
Paola Di Nicola, Giudice del tribunale di Roma, ha rimarcato la necessità di eliminare i pregiudizi sulle donne. “Differenza donna mi ha insegnato a leggere la violenza di genere. – commenta – Prima non avevo gli strumenti, ad esempio, per affrontare una remissione di querela da parte di una donna. Oggi so che dietro quella rinuncia c’è una sofferenza che va oltre l’accadimento specifico”.
Presente anche il consigliere regionale Corrado Matera e la sindaca di Padula Michela Cimino, i quali hanno rivolto i saluti istituzionali commentando gli ultimi dati del femminicidio.
Nel corso del convegno è emersa la necessità di aprire una casa rifugio nel Vallo di Diano per le vittime di violenza che oggi sono in alcuni casi costrette a spostarsi fuori regione.
Testimonial del compleanno del Centro Aretusa è stata Valentina Melis, attrice vittima di stalking per 10 anni. L’attrice utilizza la sua folta community di Instagram per far comprendere alle ragazze le mille forme di possesso e di violenza praticata dagli uomini, lei che si è rivolta ad un presidio antiviolenza per rinascere.
Hanno dato il loro contributo al dibattito Teresa Manente, responsabile ufficio legale di Differenza Donna, Mirella Carucci, assistente sociale, Francesco Soviero, Procuratore aggiunto della Procura di Salerno, Marco Montone, Giudice civile del Tribunale di Lagonegro, Antonio Domenico Florio Direttore del Consorzio Sociale, il vicesindaco di Atena Lucana Francesco Monzolillo, Marisa Mosetti, Giudice del Tribunale di Roma, il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Salerno Colonnello Gianluca Trombetti e il Capitano dei Carabinieri della Compagnia di Sala Consilina Paolo Cristinziano.