All’esito di un’articolata attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, nei giorni scorsi, la Guardia di Finanza di Salerno ha notificato un avviso di conclusione delle indagini a sette persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di una frode fiscale transnazionale dal valore di circa 12 milioni di euro.
Gli accertamenti della Fiamme Gialle della Compagnia di Agropoli hanno interessato inizialmente il titolare di una società di commercio all’ingrosso di eco-combustibile, un uomo senza alcuna esperienza manageriale che, già dai preliminari riscontri, si è rivelato un mero prestanome. Come ricostruito dai Finanzieri nel corso delle investigazioni, la ditta in questione era di fatto gestita da due professionisti di Paduli, in provincia di Benevento, che si avvalevano di tale schermo per effettuare gli acquisti di pellet da una fornitrice bulgara, in modo da rientrare nel regime di esenzione dell’IVA previsto per le operazioni intracomunitarie.
Sempre a queste persone (un commercialista e un consulente del lavoro, rappresentanti di altre due aziende) sono poi risultate riconducibili anche ulteriori tre imprese intestate sempre a “teste di legno”. Tra i titolari fittizi, figura addirittura un pluripregiudicato napoletano che, nel periodo di attività della società formalmente amministrata, era recluso in carcere.
Si è in questo modo delineato il classico schema della “frode carosello” che, nel caso di specie, si è sostanziato nell’utilizzo di quattro imprese “fantasma”, mediante le quali veniva fatto risultare l’acquisto del legname dall’estero e la successiva vendita ad altri coinvolti compiacenti, residenti nel territorio dello Stato. Grazie alle meticolose indagini anche di natura finanziaria e tecnica e attraverso mirate perquisizioni è stato scoperto che gli approvvigionamenti del prodotto avvenivano, infatti, direttamente dal Paese bulgaro, ad un costo decisamente inferiore alla media di mercato.
Giunta in Italia, la merce poteva essere infine rivenduta a prezzi concorrenziali non avendo mai “scontato” il versamento dell’imposta (quantificata in 2,2 milioni di euro), il cui adempimento veniva in ogni caso addebitato alle società “cartiere”, create al solo scopo di emettere le fatture a favore dei clienti finali, omettendo del tutto l’assolvimento dei conseguenti obblighi IVA.
Nel corso degli approfondimenti è peraltro emerso che una di queste ultime (tecnicamente definite “missing traders”) aveva pure ricevuto circa 100mila euro di contributi a fondo perduto (aiuti stanziati dal Governo per il sostegno delle imprese gravemente colpite dalla crisi post-pandemica) in assenza degli specifici requisiti, sfruttando false dichiarazioni che attestavano un considerevole calo del fatturato determinato dalla situazione di emergenza sanitaria. Le somme percepite erano state impiegate dagli indagati nell’acquisto dei beni più vari, tra cui un’auto di lusso, un calciobalilla, capi d’abbigliamento e prodotti elettronici.
L’immediato intervento dei militari ha consentito di recuperare quasi interamente gli importi erogati sottoponendo a sequestro un veicolo del valore di circa 20mila euro e disponibilità finanziarie per circa 60mila euro.