La Questura di Potenza non gli rinnova la licenza del porto d’armi per la caccia perché ha sulle spalle una denuncia per falso ideologico e perché durante due controlli viene trovato in compagnia di persone gravate da pregiudizi. Ma ricorre al Tar Basilicata che gli dà ragione e ordina alla Questura di annullare il provvedimento e di procedere al rinnovo del porto d’armi.
E’ questa la vicenda che ha riguardato un uomo di Potenza, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Murano e Vincenzo Paolino. Il cacciatore ha deciso di impugnare lo scorso settembre il provvedimento della Questura di Potenza che riguardava il respingimento dell’istanza volta al rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia. Un rigetto che la Questura ha così motivato: la denuncia dell’uomo all’Autorità Giudiziaria per il reato di falso ideologico, l’esistenza di due controlli di Polizia durante i quali il ricorrente è stato colto in compagnia di persone gravate da pregiudizi e la coabitazione dell’uomo con una persona gravata da pregiudizio ostativo. Questura e Ministero dell’Interno si sono costituiti in giudizio.
Il Tar, durante il procedimento, ha ordinato al Ministero il deposito di documentati chiarimenti in merito alla natura delle motivazioni adottate per il respingimento dell’istanza e in particolare delle frequentazioni dell’uomo con persone gravate da pregiudizi di polizia.
Il Tar Basilicata (presidente Fabio Donadono, consigliere Pasquale Mastrantuono e referendario ed estensore Paolo Mariano) ha ritenuto che il ricorso merita accoglimento, in quanto “nessuna delle ragioni a fondamento del provvedimento impugnato è effettivamente capace di sorreggere il diniego sub iudice”. Inoltre, in merito alla denuncia dell’uomo il Tar ha specificato che è intervenuta anche un’archiviazione del Tribunale di Potenza. Rispetto agli altri motivi che hanno portato la Questura a rigettare l’istanza di rinnovo, per il Tar la frequentazione dell’uomo con persone gravate da pregiudizi di Polizia e con il coniuge sono “pregiudizi marginali e non rilevanti”.
Così il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata ha condannato Questura e Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente, liquidandole forfettariamente in 1.500 euro, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, ordinando che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.