Dalle condizioni dei pazienti alle continue fatiche degli operatori medici e sanitari. Dopo i difficili mesi legati alla situazione pandemica abbiamo raccolto la testimonianza del reparto Covid dell’ospedale “Curto” di Polla. Un reparto che ha garantito ai cittadini positivi al virus di essere curati e sostenuti anche durante i momenti più difficili.
Ce ne parla il dottore Tullio Trotta, responsabile del reparto Covid.
- Dottore, Lei e la sua èquipe come avete vissuto questo particolare periodo legato alla pandemia?
Abbiamo vissuto un periodo intenso dal punto di vista umano e professionale, una sfida alla nostra capacità di accogliere i pazienti, il loro vissuto emotivo, la loro complessità clinica e di gestione terapeutica.
- Attualmente può dirci che situazione si registra nel reparto Covid?
Abbiamo una sola paziente. Si prospetta un periodo di vigile attesa, per essere pronti ad accogliere i casi isolati affinché i cittadini del Vallo di Diano colpiti dal Covid-19 abbiano sempre un punto di riferimento nell’ospedale di Polla.
- Cosa è stato registrato di diverso rispetto alla tradizionale routine? Come avete ampliato l’attività medica?
Ci siamo trovati di fronte ad una malattia sconosciuta, senza disporre di una terapia ‘certa’. Abbiamo dovuto studiare compulsivamente la letteratura internazionale, abbiamo dovuto prendere dimistichezza con terapie di supporto ventilatorio non invasive, supportati costantemente dai medici rianimatori: il primario dottore Luigi De Angelis, il dottore Angelo Gallo, la dottoressa Maria Teresa Gallo.
- Come si svolge la giornata di un medico del reparto Covid?
Al mattino si inizia nella parte ‘pulita’ del reparto con un veloce riepilogo con gli infermieri, riguardante le condizioni dei degenti sulla notte trascorsa. Dopo aver valutato i parametri vitali del mattino ed i dati ematochimici è il momento di vestirsi ed entrare nella ‘zona sporca’. Questo è il tempo in cui si riprende il contatto con i pazienti: si valutano le scelte riguardanti farmacoterapia e supporto respiratorio, ci si rende presenti. I pazienti devono sentirsi accompagnati e seguiti, devono essere aiutati a vincere la paura e ad avere la sensazione che sono in cammino verso la guarigione e non sospesi in un limbo popolato da sanitari senza volto e colleghi di sventura con le stesse incertezze. Terminato il giro visita, si resta di guardia monitorando i pazienti h24 ed intervenendo in caso di necessità.
- Come avete vissuto questa situazione dal punto di vista umano ma, soprattutto come siete riusciti a sostenere tutto questo a livello psicologico?
E’ stato necessario fare ricorso alle motivazioni più profonde per non gettare la spugna. Abbiamo retto dal punto psicologico grazie ad un supporto reciproco: ci siamo sostenuti a vicenda, ci siamo sopportati e supportati, abbiamo provato a sdrammatizzare quando era possibile e quando è stato necessario abbiamo consolato chi non ce la faceva più.
- C’è qualche paziente la cui storia o il cui percorso vi ha toccato particolarmente durante questa emergenza?
Diverse storie ci hanno toccato profondamente. Come non ricordare un paziente che ha vissuto 30 giorni senza migliorare per nulla, ma continuando a lottare con atteggiamento positivo ed anche incoraggiando la moglie a casa, la sua caparbia voglia di vivere è stata premiata. Oppure il padre che chiede di fare il possibile per salvarlo perché ha due figli a casa che l’aspettano ed hanno solo lui, purtroppo i figli lo hanno aspettato invano.
- Pian piano, grazie anche alla campagna vaccinale, la situazione sembra si stia normalizzando. E’ davvero così? Lo stesso può dirsi per la normale attività ospedaliera o è ancora presto?
La situazione si sta decisamente normalizzando, l’attività ospedaliera in questi mesi ha sofferto molto e gli ammalati hanno dovuto a volte rinviare visite, accertamenti diagnostici ed altro, per questo motivo già dalla scorsa estate si è creata un’ area ambulatoriale di facile accesso che ha permesso di riattivare le visite specialistiche in sicurezza.
- “Medici ed operatori, eroi al tempo del Covid-19”. Si sente spesso questa affermazione: è così o si rischia di confondere l’eroismo con l’attaccamento e la dedizione al proprio lavoro?
Non ci sentiamo eroi, ma senz’altro gli operatori sanitari (medici, infermieri, OSS e personale ausiliario) che hanno operato nel reparto medicina Covid-19 dell’ospedale di Polla hanno dimostrato dedizione e generosità. Spero che la cittadinanza del Vallo di Diano non dimenticherà tutta l’umanità e professionalità che hanno dimostrato.