Si è concluso presso la Corte di Appello di Catanzaro il secondo grado del processo “Frontiera” che ha preso il nome dall’operazione condotta nel luglio del 2016 dai Carabinieri del ROS in Calabria, Campania, Basilicata e Lombardia.
I militari dell’Arma diedero esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 58 persone indagate per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura, illecita concorrenza con violenza e minaccia ed altri delitti. Coinvolti nell’operazione anche quattro uomini di Sala Consilina: Vito e Cono Gallo, padre e figlio, Enzo Casale e Fabrizio Vitale (quest’ultimo assolto in primo grado per non aver commesso il fatto).
Il collegio, composto dal presidente Caterina Capitò e dai consiglieri Angelina Silvestri e Assunta Maiore, in seguito al ricorso proposto dal pm della Procura di Catanzaro e dagli imputati contro la decisione del Tribunale di Paola, ha confermato quanto deciso in primo grado per la maggioranza dei condannati, tra cui Vito Gallo (26 anni e 8 mesi), Cono Gallo (10 anni) ed Enzo Casale (6 anni e 8 mesi).
20 anni di reclusione per associazione mafiosa, in appello, al boss Franco Muto, il “re del pesce” che in primo grado era stato condannato a 7 anni e 10 mesi. Muto era il reggente del clan di Cetraro e già detenuto al 41 bis. Disposta la libertà vigilata per tre anni e la confisca dei beni e dei rapporti finanziari a lui riconducibili. Muto, in primo grado a Paola, era stato assolto dall’imputazione di associazione mafiosa, L’organizzazione criminale monopolizzava fino al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici, i servizi di lavanderia industriale delle strutture alberghiere e la vigilanza dei locali d’intrattenimento.
Le indagini dell’operazione “Frontiera” hanno documentato un importante traffico di stupefacenti che, sotto il controllo di Muto, riforniva di cocaina, hashish e marijuana le principali località balneari della costa tirrenica. Negli anni ’90, inoltre, la Polizia evidenziò che quasi l’80% delle attività commerciali della costa si riforniva esclusivamente dai Muto e che non c’era contrattazione, perchè la fornitura di pesce arrivava e doveva essere pagata. In quel periodo Muto si trovava a Sala Consilina in soggiorno obbligato e, in un’operazione congiunta tra le forze dell’ordine, fu arrestato nel 1992 nella struttura che lo ospitava nella frazione Trinità. Durante questo soggiorno iniziò a mettere radici anche nel Vallo di Diano.
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