Questa mattina, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Potenza, la Squadra Mobile di Potenza – Sezione Criminalità Organizzata, con il supporto della Guardia di Finanza di Potenza – Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata che si è occupata di alcuni dei profili patrimoniale dell’indagine, ha dato esecuzione all’ordinanza con cui il Gip del capoluogo lucano ha disposto l’applicazione delle misure della custodia cautelare in carcere nei confronti di Saverio Riviezzi, Vito Riviezzi, Domenico Riviezzi, Abdelkebir Moukhtari, Angelo Quaratino, Michele Russo, Giuseppe Campanella, Giovanni Piscopo, Gerardo Lama, Salvatore Sabato, Gerardo Russo; degli arresti domiciliari nei confronti di Barbara Nella, Riccardo D’Ercole e Gennaro D’Aniello; dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria nei confronti di Armando Trepiccione Mirone, Maria, Trepiccione Mirone e Valerio Riviezzi nonché al contestuale decreto con cui è stato disposto il sequestro preventivo delle quote e del complesso aziendale delle società “Bar Tribunale srl!” e “Gioca e Vinci srls”.
Il provvedimento è stato adottato a valle di una vasta, articolata e complessa attività d’indagine coordinata dalla DDA potentina che ha permesso di fare luce sull’esistenza e sul forte radicamento nel territorio del clan mafioso dei Riviezzi di Pignola ma, di fatto, operativo su tutta la provincia di Potenza, anche grazie ad alleanze e sinergie con altre organizzazioni mafiose sia autoctone, quale il clan Cassotta, sia calabresi, dove i Riviezzi godono di particolari appoggi e considerazione, che campane, con proiezioni nel settore degli stupefacenti anche all’estero.
L’accurato lavoro d’indagine, svolto dalla Procura Distrettuale con il costante ed importantissimo supporto della Sezione Criminalità Organizzata della locale Squadra Mobile, si è sviluppato nel corso di un biennio durante il quale il copioso materiale investigativo acquisito, composto da intercettazioni, dichiarazioni di testimoni e collaboratori di giustizia, sopralluoghi, acquisizioni documentali, riscontri, pedinamenti, è stato accuratamente analizzato e rimesso a sistema disvelando la piena operatività del sodalizio pignolese e la sua compenetrazione nel tessuto istituzionale ed imprenditoriale del Potentino, al punto da essere in grado di condizionare alcuni settori della pubblica amministrazione locale, di governare il sistema degli appalti boschivi ed infiltrarsi, sin dal 2017, quale segno di audace autoaffermazione in un luogo simbolico, oltre che di disponibilità economiche, nella gestione del bar caffetteria del Palazzo di Giustizia, dando così una eclatante dimostrazione della propria forza verso l’esterno ed allo stesso tempo garantendosi un osservatorio privilegiato all’interno di un palazzo nevralgico nel sistema di tutela e ripristino della legalità.
Le indagini, infatti, hanno dimostrato come le società che dal 2017 si sono succedute nella gestione del servizio di bar caffetteria nel Palazzo di Giustizia di Potenza (dapprima la ditta individuale Trepiccione Maria e poi la “Bar del Tribunale srl”) sebbene intestate a semplici prestanomi avvicendatisi fino allo scorso mese di novembre, secondo un turn over utile a schermare efficacemente l’interposizione, siano state fino ad oggi gestite, di fatto, da soggetti appartenenti o comunque contigui al sodalizio. In tale contesto è emersa anche una grave condotta estorsiva perpetrata nell’aprile 2018 da un affiliato del sodalizio, Moukhtari, in danno dell’esponente di una società aspirante assegnataria al fine di farla recedere dal ricorso al Tar proposto avverso l’aggiudicazione. Si tratta della stessa persona il cui arresto, avvenuto due mesi dopo insieme al boss e ad altri esponenti del clan per traffico internazionale di droga, destò scene di pianto e commozione proprio all’interno del bar caffetteria immortalate dalle intercettazioni video ambientali installate all’interno del locale.
Il meticoloso sforzo ricostruttivo ha permesso di fare luce anche sul pieno coinvolgimento di due esponenti del clan nell’omicidio di mafia del 2 aprile 2008 di Giancarlo Tetta, perpetrato nel contesto della lunga e sanguinosa faida che dal 1991 ha scandito la storia dei rapporti fra gli avversi clan melfitani dei Di Muro e dei Cassotta. Partendo da una traccia investigativa già emersa negli anni addietro ma mai sviluppata, si è dato corso ad una rigorosa attività di approfondimento condotta raccogliendo specifiche dichiarazioni e riscontrandole meticolosamente con sopralluoghi e raffronti rispetto alle indagini già svolte in passato. In tal modo, ricomponendo i mosaici di un vero e proprio puzzle investigativo, è stato possibile far affiorare alla luce la complicità del capo mafia Saverio Riviezzi e di un suo affiliato, Angelo Quaratinio, nell’omicidio Tetta a cui hanno contribuito consapevolmente, fornendo agli assassini affiliati al clan Cassotta la Fiat Croma rubata qualche giorno prima a Potenza ed impiegata per raggiungere e freddare la vittima con otto colpi di pistola calibro 7,65 prima di darla alle fiamme.
L’attività inquirente ha permesso di mettere complessivamente in risalto la particolare forza intimidatoria che il clan Riviezzi è in grado di esprimere e di cui risulta essersi avvalso in occasione di varie condotte estorsive a imprenditori e commercianti perpetrate dai suoi affiliati in un arco di tempo che va dal 2013 in poi e fino ad epoca recente. Il ROS dei Carabinieri, in un corale sforzo investigativo, ha accertato una specifica e sintomatica attività estorsiva del sodalizio nella città di Potenza.
Le risultanze investigative raccolte anche nel contesto di operazioni precedenti sono state analizzate, valorizzate e messe a confronto con una serie di ulteriori elementi e riscontri che hanno permesso di ricondurre all’azione criminosa del clan anche la tentata rapina a mano armata perpetrata nel settembre 2017 ai danni dell’Ufficio Postale di Potenza in Via Grippo e il furto aggravato nel giugno 2018 ai danni dell’Ufficio Postale di Potenza in Via Messina, da cui vennero asportati 235.000 euro.
L’attività fin qui svolta, con gli sbocchi cautelari personali e reali che ne sono conseguiti, rappresenta un risultato di assoluto rilievo nel contrasto alla criminalità organizzata (che opera in modo rilevante e significativo in Basilicata ed anche in provincia di Potenza nonostante si registri non di rado una sottovalutazione del fenomeno), sforzo invece quotidianamente perseguito dalla Direzione Distrettuale Antimafia con l’indispensabile ed essenziale supporto della polizia giudiziaria.
– Chiara Di Miele –