Per anni si è nascosta dietro la parola “ciclo doloroso” sottovalutandone le conseguenze. In realtà è una malattia invalidante che accompagna la vita di molte donne: stiamo parlando dell’endometriosi, una crescita anomala di tessuto endometriale al di fuori della sua sede naturale, cioè l’utero. Si trova quindi nelle ovaie, nelle tube e in altri posti e con il sanguinamento mensile si infiamma dando origine a un dolore intenso. E’ purtroppo una patologia invalidante, responsabile di una serie di disturbi che possono compromettere la qualità della vita di una donna. Ne soffre il 10% delle donne.
Molto spesso, dopo aver scoperto di avere un problema, alcune persone scelgono di attivarsi in prima linea e dare voce a chi si trova magari nella loro stessa situazione. Ed è questo il caso di Giulia Sorrentino, 25enne collaboratrice di “Libero” e attivista, che ha appreso di soffrire proprio di endometriosi. Quella che si presentava come una malattia è diventata, invece, la sua battaglia da portare avanti. Lo scorso 20 marzo ha deciso di intervenire alla Convention della Fondazione Italiana Endometriosi per raccontare la sua esperienza.
Giulia, nonostante sia nei giorni legati alla fase più difficile e dolorosa della malattia (“i miei momenti di sconforto” li definisce) ha gentilmente risposto a qualche domanda perché vuole trasformare il dolore “nella voce di tutte coloro che come me soffrono di endometriosi”.
- Giulia, quali sono stati i sintomi iniziali della tua endometriosi e come si sono evoluti nel tempo?
Era da qualche tempo che stavo male. I sintomi principali sono stati fortissimi dolori durante il ciclo mestruale e anche prima del suo arrivo o subito dopo la fine. Forte cefalea, stanchezza, vomito, dolore durante i rapporti sessuali. Insomma, avevo delle avvisaglie ma purtroppo la diagnosi dell’endometriosi, spesso, tarda ad arrivare. Io posso dire che la mia ginecologa, la dottoressa Claudia Bassanino, si è accorta di questa patologia. Mi rendevo conto che qualcosa non andava nel mio corpo ma, soprattutto, la cosa più brutta era non essere compresa dagli altri perché è una malattia di cui si sa molto poco. Quando una donna ha il ciclo si tende a dire, ironizzando, ‘e vabbè, ha le sue cose’ ma questo è un mito da sfatare. Non mi piace questa frase, non vanno assolutamente sottovalutati questi aspetti. La maggior parte delle donne ha paura a parlarne in una società, purtroppo, in cui l’apparato femminile e i suoi problemi non vengono visti con naturalezza. Dopo una risonanza magnetica si è rilevato che erano interessate entrambe le ovaie, cosa che dall’ecografia non si vedeva. In seguito mi è stata prescritta la terapia da cominciare il primo giorno delle mestruazioni. I dolori mi accompagnano, gli effetti collaterali sono tanti ma soprattutto riscontro debolezza.
- Quali sono i disturbi che ti pesano maggiormente?
Il dolore e la stanchezza cronica. Tante volte è difficile spiegare che non riesci neanche ad alzarti dal letto. C’è tanta incomprensione perché di endometriosi si parla poco e quindi non si capisce. Tanti alimenti infiammano e quindi provocano gonfiore, stitichezza, altre volte diarrea. Sono tanti sintomi ma i peggiori sono quelli alla schiena e alla pancia, associati alla stanchezza. La mia testa dice una cosa e il mio corpo si rifiuta di farla. E’ difficile trovare il giusto compromesso, sembra di avere due persone in una: una Giulia che lotta e un’altra che non ce la fa.
- Che significato ha avuto per te questa diagnosi? Come hai reagito?
La diagnosi per me è stata rinascita perché ho dato un nome al mio malessere e di questo nome non voglio che ne parli solo a marzo (il mese dedicato alla prevenzione contro l’endometriosi, ndr). Ho cominciato a scriverlo dappertutto. Odio il giallo ma da quando ho saputo che il simbolo dell’endometriosi è il girasole ho tappezzato la mia vita con questo colore. Ho comprato una sciarpa gialla, gli occhiali perché cerco di guardare anche la parte più ludica. Va presa sul serio, ovviamente, ma non dobbiamo abbatterci. Molti mi hanno detto ‘ vabbè, non è niente’, ‘vabbè, di endometriosi non si muore’, ‘ma cosa vuoi che sia’ e io rispondo sempre ‘Sì, infatti’ perché non capirebbero.
- Ti era stato diagnosticato altro in passato? Come sei arrivata a scoprire di soffrire di endometriosi? [the_ad_placement id=”dentro-notizie-2-300×250″]
Prima mi era stato diagnosticato un ovaio policistico ma non l’endometriosi. Con il Covid non sono andata a visita e durante la quarantena sono svenuta dal dolore e ho registrato una forte emorragia. Appena ho avuto possibilità mi sono sottoposta ad una visita: sono al quarto stadio ma, nel mio caso, posso dire che la mia ginecologa è esperta e ha capito subito. Adesso sto facendo un percorso con un neurologo che mi ha prescritto una terapia del dolore perché parte tutto dal sistema nervoso. Troppi antidolorifici non fanno bene quindi mi sono affidata ad uno specialista che mi possa aiutare. L’uso dei medicinali è un bene, l’abuso è sbagliato.
- Perché si è indietro, secondo te, nel diagnosticare questa malattia?
Perché non tutti i ginecologi sanno riconoscere l’endometriosi. E soprattutto se ne parla poco: discutendo con diversi uomini, nessuno ha saputo dirmi cosa fosse questa patologia (fatta eccezione per medici e studenti di Medicina). Purtroppo l’endometriosi mi sta facendo rendere conto che c’è un divario assurdo tra uomo e donna.
- Hai voluto dare voce al tuo dolore parlandone apertamente. Perché?
Non mi vergogno a raccontare alle altre donne questa malattia perché fa parte di me, ma la malattia non è me. Quindi voglio sensibilizzare le ragazze perché possano parlarne con un proprio caro. La malattia c’è sempre, non ha giorno o anno. Per questo motivo bisogna sensibilizzare e fare prevenzione, sempre! E voglio aiutare a far conoscere questa malattia. Aggiungo che ci sono anche uomini meravigliosi: molte ragazze mi hanno scritto che sono appoggiate dal partner nonostante le difficoltà che derivano da questa patologia come l’astensione sessuale e la mancata vita sociale a causa dei dolori. Molti sono stati anche gli uomini che mi hanno scritta per saperne di più.
- L’endometriosi ha influito sulla tua vita? È stato difficile far capire la tua condizione alle persone che hai accanto? Come sono le tue giornate nelle fasi più difficili? [the_ad_placement id=”dentro-notizie-3-300×250″]
E’ difficile spiegare il proprio stato d’animo ma fortunatamente posso dire che vicino ho persone importanti. La rabbia c’è ogni tanto. Mi viene da piangere però alla fine capisco che non ottengo nulla. E io non voglio darla vinta a questa malattia. La battaglia una volta la vinci tu, una volta lei. E non chiedo mai ‘perché a me’, non si troverebbe una risposta. Non me la sento, poi, di pronunciarmi sul tema gravidanza: questo dubbio lo tengo anche io. I bimbi ora li noto per strada più facilmente e questo perché inconsciamente la mia domanda più grande è ‘chissà se potrò farlo anche io’. Per ora non voglio pensarci. Ci saranno forse possibili terapie oppure le adozioni e tante altre forme per dare amore. In ogni caso c’è una soluzione e se non c’è…non possiamo farci niente! La mia giornata è cambiata: cerco di muovermi, di camminare, dipende da come sto.
- Cosa vorresti consigliare alle donne che si trovano a muovere oggi i primi passi in questa battaglia contro l’endometriosi?
Consiglio di non vergognarsi e di fare quello che dicono i medici. Ci sono tante strutture da consultare. Se qualcuno non capisce, non merita la vostra attenzione. Se subentra la depressione consiglio poi di parlarne con uno specialista. Parlarne è metà dell’opera. Molte ragazze dopo che hanno letto la mia storia hanno trovato il coraggio di aprirsi. I social hanno il potere di farti trovare in una comunità che aiuta a parlarne. I consigli medici no, non dobbiamo sostituirci agli specialisti consigliando farmaci o terapie.
- Cosa si dovrebbe fare, secondo te, per migliorare la condizione delle donne affette da questa patologia?
Mi auguro che il Ministero della Salute inizi a fare programmi seri. E’ giusto, secondo me, che le donne abbiano un canale preferenziale con il proprio ginecologo, anche quelle che non possono permetterselo. Abbiamo tutte un medico di base: perché non un ginecologo? Le stesse cure, a mio parere, spettano anche a chi non può permettersi una visita privata. Parlo anche di pap test, di ecografia. Per non parlare del costo degli assorbenti e di integratori (non mutuabili). Le donne vanno controllate e le visite vanno calendarizzate, non bisogna perdere tempo. Non parlo di un Piano regionale ma di un Piano nazionale, senza divario tra Nord e Sud. Come fa una donna single, madre magari, ad andare a lavorare e a pagarsi le visite? Mi auguro che anche l’informazione faccia il suo corso dando voce a tutti perché un giornalista ha il dovere morale di guardare sempre oltre.
– Claudia Monaco –