“Sul 41-bis non bisogna fare passi indietro“. Così Tommaso Pellegrino, consigliere regionale in Campania per Italia Viva, esordisce mentre, a ritroso, ripercorre con la mente e racconta di quando nel 2007 visitò il carcere di Terni e incontrò Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra Organizzata scomparso mercoledì scorso all’età di 79 anni nell’ospedale di Parma, dove da mesi era ricoverato per le complicazioni legate ad una polmonite.
Pellegrino all’epoca era deputato dei Verdi e segretario della Commissione parlamentare antimafia. Incombeva la discussione sull’articolo 41-bis, il regime che si applica ad alcuni detenuti per ostacolarne le comunicazioni con le organizzazioni criminali operanti all’esterno, i contatti tra appartenenti ad una stessa organizzazione all’interno di un carcere e i contatti tra gli appartenenti a diverse organizzazioni criminali, così da evitare il verificarsi di delitti e garantire la sicurezza anche fuori dalle carceri. Tra le sue visite scelse quella nella Casa circondariale di Terni dove i detenuti al 41-bis erano ben 26 e tra questi anche Cutolo e il figlio di Totò Riina.
“Andai a trovare Cutolo mentre si discuteva del 41-bis – ricorda Pellegrino -. Perchè lui? Dal carcere aveva costruito la Nuova Camorra Organizzata e rappresenta l’esempio di come, senza il regime di 41-bis, anche durante la detenzione in carcere è possibile dare forma e vita ad una delle più potenti organizzazioni della camorra. Rappresentava quindi l’emblema dell’utilità del 41-bis, soprattutto per evitare ai grandi boss e ai soggetti maggiormente pericolosi di poter continuare a delinquere dall’interno delle celle“.
Noto come “o’ Professore“, Cutolo aveva alle spalle quattro ergastoli e dal 1995 era detenuto al regime del carcere duro. Nel 1977 la Corte di Appello gli riconobbe l’infermità mentale e per questo fu portato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa da cui evase l’anno dopo con una carica di nitroglicerina che distrusse le mura della struttura. “La cosa certa è che non trovai in cella una persona pazza – continua Pellegrino nel suo racconto – era un fiume in piena, parlò a lungo di una serie di eventi, a partire dal caso Cirillo“.
Raffaele Cutolo fu protagonista della trattativa tra i servizi segreti e gli esponenti della Dc per la liberazione di Ciro Cirillo, l’assessore regionale campano rapito nel 1981 dalle Brigate Rosse. Tante le vittime del sistema criminale messo in piedi dal “Professore” e tra queste, negli anni, spiccano i nomi di Giuseppe Salvia, vicedirettore del Carcere di Poggioreale negli anni ’70, il sindaco di Pagani Marcello Torre che pagò con la vita la sua politica di dura opposizione alle infiltrazioni camorristiche, Mimmo Beneventano, il consigliere comunale di Ottaviano che si oppose alla Nuova Camorra Organizzata. “Dopo la mia visita a Cutolo – continua Pellegrino – il mio primo pensiero andò alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che hanno subito soprusi dalla camorra“.
“Lo Stato non può permettersi di fare passi indietro riguardo al 41-bis e alle organizzazioni criminali – afferma -. La storia di Cutolo lo dimostra, perchè aveva costruito un anti-Stato e un suo welfare parallelo, quello della camorra. Tutto ciò è assurdo e inconcepibile, ma va studiato per capire di cosa è capace la camorra“.
– Chiara Di Miele –