Gennaio è il cuore dell’inverno, mese del freddo rigido ed intenso in cui la terra si riposa e nel silenzio dell’apparente inattività si rigenera, ricaricando le sue energie. È il mese della riflessione, dello sguardo profondo che vuole indagare le ragioni della storia umana. Sicuramente la dimensione della profondità è la misura più opportuna per commemorare il 27 di gennaio, Giornata internazionale della memoria delle vittime dell’Olocausto.
La Pro Loco Campus Moliterno il 27 gennaio vuole accendere una luce su una piccola storia, quella di un reduce di guerra, Michele Scannone, nato a Moliterno nel 1921, che ha vissuto interamente l’epoca fascista, ha combattuto la Seconda guerra mondiale in prima linea e che, attraverso innumerevoli peripezie, ha avuto la buona sorte di riuscire a tornare al suo paese. Con orgoglio abbraccia la bandiera dell’Associazione nazionale combattenti e il 4 novembre di ogni anno è sempre in prima fila per onorare e far ricordare i sacrifici dei soldati caduti a difesa della Patria.
Il desiderio della Pro Loco è quello di segnare un solco per poter seminare una significativa storia di vita vissuta che possa far germogliare maggiore sensibilità nelle giovani generazioni. Lo farà attraverso i canali social Facebook ed Instagram pubblicando la video intervista realizzata insieme al giornalista Mimmo Mastrangelo, moderatore del prezioso incontro, insieme a Michele Scannone e a suo figlio Vincenzo.
Michele alla soglia dei cento anni parla della sua vita in modo semplice come se quello che gli è accaduto fosse un fatto ordinario. Racconta di come oggi trascorre le giornate insieme a sua sorella, della sua passeggiata quotidiana fatta di alcuni chilometri per le strade di Moliterno. Insegna con spontaneità il significato dello scorrere del tempo, come la vita segnata dalla sofferenza, dalle privazioni e dalla paura riesce comunque ad andare oltre, a scorgere la speranza nel futuro. Un’avventura forzata per un 19enne strappato dalla quotidiana dedizione della coltura dei campi, che si ritrova in terre straniere: nel 1941 in Africa orientale, prima a Bengasi e poi a Tobruch dove combatte nelle due battaglie per l’assedio della città, poi è in Algeria e di lì in Egitto per affrontare un’altra epica battaglia. quella di El Alamein. Il suo unico strumento per salvarsi la vita fu il fucile. Subisce la prima dura prigionia in Algeria dove teme per la sua vita in virtù dei trattamenti subiti dai prigionieri. Fatto prigioniero dagli americani, approda a New York con tappa obbligata a Ellis Island per l’accreditamento e le verifiche sanitarie di rito. È in Nebraska che vivrà per circa un anno e mezzo e sarà impiegato in attività agricole. Qui trascorre una prigionia rispettosa dei diritti umani per poi ritrovare la libertà nel 1946 ritornando così in Italia.
– redazione –