Il coprifuoco che da venerdì è stato ordinato alla popolazione campana, con la chiusura delle attività alle 23 e il rientro a casa entro le 23.30, pare stia mettendo a dura prova soprattutto le attività ristorative, i bar e i locali della regione. Il Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, per contenere il contagio da Covid-19 ha inteso porre un brusco freno a quella che ormai da tutti è definita “movida”, non risparmiando i ristoranti e le pizzerie della Campania e senza distinzione alcuna tra grandi città e piccoli paesini di provincia.
A pagarne le spese sono, dunque, i ristoratori e i titolari di questo genere di attività. Anche nel Vallo di Diano, territorio sicuramente non caratterizzato da una movida scatenata ma in special modo da piccoli o medi ristoranti tipici del posto.
“Sono d’accordo con le restrizioni ma non in questa maniera – dichiara Nino Petrizzo, titolare del Grand Hotel Osman di Atena Lucana -. D’accordo nel tutelare la salute ma non si può chiudere di notte e andare in giro di giorno. Il Governo ha solo paura di chiuderci perchè non può aiutarci. Questa grande ondata si sconfigge soltanto rimanendo tutti a casa. Ci hanno già chiuso, ma non direttamente. Non abbiamo clienti, quelli che frequentano la SPA vengono soprattutto da Napoli e quindi abbiamo ricevuto un sacco di disdette. Nella pratica è come se fossimo chiusi. Al posto dei nostri governatori io bloccherei tutte le utenze delle attività, luce, acqua e gas, blocco degli affitti, con zero IMU ai proprietari e credito d’imposta sul valore dell’affitto, cassa integrazione diretta ai dipendenti nel giorno in cui gli spetta“.
Anche Carmine Santangelo, noto imprenditore edile valdianese e titolare dell’Hotel Villa Torre Antica di Atena Lucana, interviene in merito alla stringente misura. “Per le nostre zone il coprifuoco mi sembra davvero superfluo – afferma – ci sono paesini in cui raggruppare anche soltanto 9 persone davanti al bar è impossibile in alcune sere. Sarebbe stata utile una distinzione territoriale. Posso capire una misura simile nelle grandi città, dove l’assembramento è facile. Noi abbiamo avuto diverse disdette in questi giorni perchè la gente non può neanche spostarsi. L’alternativa è chiudere tutto ma bloccando tutte le spese che gravano sulle attività di questo settore. Senza dimenticare, però, che se ci chiudono il 90% non so se riuscirà ad aprire. La prima volta ci siamo ripresi, con fatica, e stava anche andando bene, ma adesso ho i miei dubbi“.
– Chiara Di Miele –