Un rapporto di profonda antitesi quello tra imprese e Coronavirus, che ha messo in ginocchio parte dell’economia italiana. Sembra però più vicina la cosiddetta “Fase 2“, quella relativa alla ripresa delle attività produttive. Abbiamo analizzato la situazione del mondo imprenditoriale del Vallo di Diano, colpito come tutta l’Italia dall’emergenza nazionale, insieme a Laura Manzolillo, tra i titolari dell’impresa “Manzolillo Cono Giuseppe Prodotti Siderurgici” situata a Silla di Sassano.
- Il Vallo di Diano, come tutta Italia, sta vivendo un periodo molto difficile dal punto di vista sanitario ed economico. Come vive, da imprenditrice, questa situazione? Gli aiuti statali annunciati sono stati già resi concretamente disponibili per le aziende?
La situazione nel Vallo di Diano è preoccupante. A livello sanitario abbiamo visto che la struttura ospedaliera di Polla ha risposto in maniera egregia e anche il mondo dell’imprenditoria ha fatto sentire il proprio sostegno al “Curto”. Il personale medico è stato eccellente secondo il mio parere. Per quanto riguarda l’aspetto economico, questo periodo rimarrà impresso nella storia di tutte le aziende del Vallo di Diano. Ovviamente ci aspettiamo un aiuto anche da parte dello Stato, che in questo periodo si manifesta con una garanzia totale o parziale sui finanziamenti erogati dalle banche. Queste ultime si sono messe a nostra disposizione, ma il sistema di aiuti così come formulato è insufficiente per sorreggere gli imprenditori.
- Come vede la “Fase 2”, quella della ripartenza per i cittadini e le imprese italiane?
Si tratta di una pagina angosciante del nostro tempo perché purtroppo una vera ripresa non possiamo ancora immaginarla. Di ripartenza si potrà parlare quando aumenteranno i consumi. In questo momento con il Covid-19 ancora presente tra la popolazione la vedo difficile. In questa fase bisogna essere fortemente cauti. Riaprire per ritrovarci un ritorno della pandemia e dover di nuovo sostenere un crollo finanziario è una prospettiva critica. Personalmente propendo per una riapertura graduale che tenga conto della diffusione del virus.
- Di cosa hanno bisogno gli imprenditori del Vallo di Diano nel breve termine per poter tornare alla normalità dal punto di vista lavorativo e scongiurare una chiusura definitiva dell’attività?
Si tratta innanzitutto di un’emergenza finanziaria, quindi in assenza di entrate anche le risorse finanziarie a disposizione delle aziende scemano man mano, di conseguenza le aziende hanno bisogno di approvvigionare altre risorse finanziarie in maniera diversa, ad esempio recandosi presso le banche richiedendo i finanziamenti a garanzia statale, ma ciò non basta. Bisogna sostenere le imprese con un’importante messa a disposizione di liquidità non solo sotto forma di garanzie al credito, ma che si sostanzi effettivamente in erogazione di liquidità. Questo primo intervento da parte dello Stato è di poca entità, quando invece dovrebbe essere più diretto a offrire strumenti finanziari concreti alle aziende allo scopo di garantire disponibilità economica per ottemperare ai propri obblighi di pagamento verso i fornitori. I debiti continuano ad esistere, sono lì presenti ad aspettarci alla scadenza ma purtroppo le entrate si sono fermate e le scorte di magazzino sono immobilizzate.
- L’emergenza sanitaria in corso ha cambiato drasticamente le abitudini degli italiani, sia dal punto di vista personale che imprenditoriale. Quali nuove abitudini, secondo lei, resteranno radicate anche dopo la fine della pandemia? Pensa che il mondo del lavoro possa adeguarsi al “dopo-Covid”?
Ci sarà sicuramente un po’ di diffidenza che definisco “strutturale” nel contatto con l’altro, la quale in questo momento è funzionale a preservare la nostra salute. Cambierà anche il modo di lavorare. Per quanto riguarda la mia azienda, il contatto con la clientela e i lavoratori sarà gestito in maniera diversa e secondo le norme igienico-sanitarie stabilite. Il mondo lavorativo, se vuole sopravvivere, deve per forza conformarsi a queste norme. Non adeguarsi vuol dire avere personale decimato o ammalato e caricare lo Stato di costi sanitari, quindi è necessario adattarsi anche sull’orma del buonsenso, sia per la sopravvivenza dell’azienda stessa, quindi per non impoverirla di risorse umane, sia per la salute.
– Maria De Paola –