La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di N.D., 45enne di Sanza che nel 2018 è stato condannato dalla Corte di Appello di Potenza a 3 anni e 8 mesi di reclusione e ad una multa di 1200 euro (identica condanna resa in primo grado dal Tribunale di Lagonegro nel 2016).
Il 45enne, difeso nelle aule della Suprema Corte dall’avvocato Peluso, è stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver rubato nel 2013 un cane ad un uomo di Sassano e aver tentato di estorcergli del denaro in cambio della restituzione dell’animale. All’epoca dei fatti, però, i Carabinieri impedirono lo scambio e arrestarono N.D. I militari della Stazione di Sassano lo fermarono presso il cimitero di Buonabitacolo, luogo concordato per lo scambio del cane e del denaro, 1400 euro in contanti.
Tra i motivi proposti nel ricorso dichiarato inammissibile la difesa evidenzia che il furto è fatto derivare soltanto dalle parole del proprietario del cane, non essendo emerso alcun elemento probatorio, ma la Cassazione asserisce che su questa questione si sono già espressi adeguatamente i due giudici di merito in primo e secondo grado, con motivazione del tutto congrua, e che per questo il motivo manca di specificità.
Il ricorrente ha posto l’accento anche in merito al reato di estorsione che ritiene insussistente, raccontando di essere stato contattato prima da una sorta di intermediario e poi dal proprietario del cane e di avergli detto che nulla sapeva dell’animale ma che poteva acquisire notizie sulle sue sorti.
Nel ricorso, inoltre, la difesa sottolinea che il bastone, l’ascia, il temperino e la mazza da baseball trovati durante la perquisizione del 2013 non potevano considerarsi come strumenti atti all’offesa ma come attrezzi da lavoro i primi tre e simbolo di una squadra l’ultimo. Per i giudici di secondo grado, invece, “le modalità del fatto, e segnatamente la presenza degli oggetti (non nel portabagagli,
bensì sul pavimento dell’abitacolo, ai piedi del sedile passeggero … ne palesano la programmata destinazione a un possibile scopo intimidatorio e di aggressione)“.
– Chiara Di Miele –