Dianum oppidum opulentum ac nobile. Così affermavano in coro le antiche descrizioni della Lucania (tra cui quelle, cinquecentesche, dei grandi cartografi Leandro Alberti e Abramo Ortelio), alludendo, con tale espressione, alla vetustà del luogo, alla presenza di facoltose famiglie, di numeroso clero e di vari ordini monastici, nonché all’aspetto monumentale dell’abitato. E questo lusinghiero giudizio fu ripetuto molte volte nei secoli, specialmente dai papi e dai numerosi vescovi di Capaccio (da cui dipendeva Diano), allorché nel decretare le nomine ecclesiastiche, o in molte altre occasioni, citavano l’antico abitato arroccato sul colle posto al centro dell’alta Valle del Tanagro. Facciamo qualche esempio. Alla fine del ‘500, nel chiedere al papa Sisto V (quello della Cappella Sistina) il trasferimento della sede vescovile da Capaccio a Diano, il vescovo Lelio Morello citava proprio il suddetto giudizio positivo che comunemente si dava della città dianese, quale luogo fortificato (oppidum), che ha tra i suoi abitanti gente nobile, numeroso clero, e possiede il Seminario Diocesano, cinque conventi e cinque chiese parrocchiali. Inoltre il paese è fornito di viveri e di tutto ciò che è necessario per una residenza vescovile. Il suddetto trasferimento fu sancito da un documento papale, datato 19 luglio 1586. Esattamente dieci anni dopo, nel 1596, veniva eseguito un grande affresco nel chiostro della SS. Pietà di Diano, nel quale venivano raffigurati i protagonisti del trasferimento: il papa Sisto V e il vescovo Lelio Morello.
I particolari di questa vicenda sono narrati nella famosa “Cronologia dei vescovi di Capaccio” (1752) di Giuseppe Volpi, libro che nel Novecento esisteva solo nelle grandi biblioteche, per cui negli anni Settanta di tale secolo il compianto e benemerito vescovo di Teggiano, Monsignor Bruno Schettino, lo fece ristampare a sue spese in una collana di testi storici della sua Diocesi, che egli stesso aveva ideata e realizzata, collana in cui oltre alla “Cronologia” suddetta, apparvero altri due libri: la ristampa di “Diano e l’omonima sua Valle” (1868) di Stefano Macchiaroli e “Diano, città antica e nobile” di Arturo Didier.
Lo stesso giudizio lusinghiero su Diano fu ripetuto nella fondazione della Diocesi di Teggiano, avvenuta nel 1850 con una bolla del papa Pio IX, nella quale si precisava che il paese aveva tutti i requisiti per ottenere il titolo e la sede vescovile. D’altra parte già da tempo il vescovo ed i canonici della Diocesi di Capaccio si erano trasferiti a Diano e la chiesa di Santa Maria Maggiore era stata elevata a Cattedrale.
Queste, che si è cercato di sintetizzare, sono soltanto alcune citazioni di carattere storico sui vari aspetti (paesistico, religioso, sociale) dell’antica Diano. Ma non ci vuole molto a capire che Teggiano è, come si sa, uno dei piccoli centri più importanti della Campania meridionale, in cui, tra l’altro, si svolge ogni anno, nei giorni 11, 12 e 13 agosto l’ormai famosa festa medievale dal titolo “Alla tavola della principessa Costanza”, che nel 1993 è stata ideata dal sottoscritto e realizzata dal benemerito professore Elio Cantelmi, allora presidente della Pro Loco di Teggiano.
Il paese, che è sede della Diocesi di Teggiano-Policastro, retta ora da Sua Eccellenza Mons. Antonio de Luca, possiede istituzioni culturali di notevole importanza, come, per citarne solo alcune, l’Archivio Diocesano e l’Archivio Carrano, la Biblioteca del Seminario, il Museo Diocesano, il Museo delle Tradizioni del Vallo di Diano, il Museo di San Cono e il Museo delle Erbe.
Tutto questo attesta come il nostro paese meriti l’attributo di “Diano, città antica e nobile”.
– Arturo Didier –
FONTI: A. Didier, “Diano, città antica e nobile”, Teggiano 1997