I primi giorni del 2020 sono stati all’insegna della volatilità dei mercati: ad un inizio euforico sulla scia del sorprendente 2019 è seguita l’escalation di tensione in Medio Oriente, dopo la morte del generale iraniano Soleimani su ordine del presidente americano Donald Trump, e il ritorno ad un moderato ottimismo grazie a toni concilianti tra Usa e Iran.
La quotazione dell’oro, bene rifugio di ultima istanza, ha risentito di questi eventi, raggiungendo i 1.610 dollari l’oncia, ai massimi dal 2013, per poi ripiegare sotto i 1.540 dollari. Il petrolio ha registrato un momentaneo apprezzamento nel timore che lo scontro tra i due Paesi possa intensificarsi.
La tensione Usa-Iran può cambiare l’umore degli investitori? Può diventare l’evento in grado di invertire il trend dei mercati finanziari che solo il 2 gennaio avevano registrato nuovi record storici?
Nel dubbio gli investitori, che considerano l’incertezza il nemico numero uno, oltre a comprare oro e petrolio, hanno comprato anche valute sicure. In particolare lo yen, ai massimi da tre mesi sul dollaro, e il franco svizzero, al top da 15 mesi sul dollaro. Si confermano sui minimi di periodo anche i rendimenti delle obbligazioni governative dei Paesi più affidabili: il tasso del Bund a 10 anni si attesta in area -0,28% e quello dei Treasury USA all’1,80%. Lo spread Italia-Germania è stabile in quota 160pb, con il rendimento del BTP decennale in area 1,35%. Parallelamente si sono registrate vendite sui mercati azionari, sebbene non in maniera massiccia a testimonianza che il clima è di preoccupazione ma non di allarme. L’opinione prevalente è che il blitz americano sia un episodio non in grado, da solo, di cambiare l’umore positivo sui mercati. Tuttavia, è certo che ora sui mercati c’è più incertezza.
Per quanto sia troppo presto per capire che tipo di sviluppi geopolitici possa avere il blitz americano, la reazione dei mercati, negativa ma senza panico, dimostra che sui listini prevale cautela. I mercati infatti già convivevano con elementi di incertezza globale per il 2020: la Brexit, la guerra dei dazi Usa-Cina e l’imprevedibilità del presidente Trump.
Sebbene quello neutrale sia lo scenario più gettonato, esistono però anche due ipotesi alternative: una negativa e una positiva. La prima, negativa, è che il blitz americano porti a un’escalation in Medio Oriente che causerebbe shock economici e finanziari in grado di peggiorare le condizioni operative e di finanziamento con potenziali impatti globali, in particolare tramite gli effetti sul prezzo del petrolio. In questo caso, il pericolo, da un punto di vista dei mercati, è che vengano colpiti punti nevralgici per il petrolio nel Golfo Persico, causando rialzi consistenti del prezzo dell’oro nero. Se questo accadesse, i contraccolpi per l’economia globale potrebbero essere forti. Questo peserebbe sulle Borse che ad oggi scommettono su una ripresa dell’economia globale.
Esiste però anche uno scenario potenzialmente positivo. Il motivo è che il generale iraniano Soleimani apparteneva all’ala più oltranzista in Iran. Quando la polvere si abbasserà questo potrebbe favorire un accordo tra Stati Uniti e Iran, chiudendo l’era delle sanzioni con effetto positivo sui mercati.
L’impatto dipende da quale scenario si concretizzerà e da come reagiranno la politica e le Banche Centrali. Tuttavia, si può ragionevolmente pensare che un rialzo del petrolio favorirebbe i Paesi esportatori (esempio, la Russia). Un’escalation, poi, riporterebbe in auge beni rifugio come i Titoli di Stato a lunga scadenza (soprattutto Bund e Treasury) e l’oro, ma anche i settori azionari tipicamente difensivi (esempio, quello sanitario). Ovviamente ne beneficerebbero anche le società petrolifere ed energetiche, mentre sarebbero penalizzati i settori più sensibili al ciclo economico, all’export e al commercio (esempio, il settore dei trasporti, delle costruzioni). Ma queste per ora sono solo ipotesi, si resta in attesa dell’evolversi degli eventi.
– Francesco Ingino – Ufficio Finanza Banca Monte Pruno –