Si è concluso venerdì scorso a Brescia il processo in primo grado per femminicidio a carico di un uomo marocchino, rinviato a giudizio per i delitti di omicidio pluriaggravato, soppressione di cadavere, maltrattamenti e violenza sessuale. La Corte d’Assise, accogliendo le richieste del P.M., ha condannato l’imputato alla massima pena: ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno.
Le indagini sono state coordinate dal Pubblico Ministero Mariacristina Bonomo di Sanza.
Il magistrato svolge funzioni a Brescia da due anni, dopo aver svolto il tirocinio presso la Procura della Repubblica di Roma. Laureata alla LUISS Guido Carli col massimo dei voti, ha conseguito anche un Dottorato di Ricerca. Dopo un’esperienza formativa a Washington D.C. e dopo aver lavorato presso un noto studio legale tedesco nella Capitale, ha intrapreso la formazione per accedere alla carriera di magistrato. Superato il concorso al primo tentativo, ha iniziato la carriera da Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia.
Dopo sei mesi dall’aver preso funzioni, Mariacristina Bonomo si è confrontata con un’indagine che, partita dalla scomparsa di una donna, si è rivelata – secondo l’accusa – un omicidio in cui il corpo della vittima non è stato mai rinvenuto. Innanzi alla Corte d’Assise di Brescia ha esposto la sua requisitoria che ha convinto sia i giudici popolari che togati.
Da subito, il P.M., raccolti gravi indizi sulla responsabilità dell’indagato, ne ha disposto il fermo e, utilizzando nuovi strumenti normativi, ha ottenuto il sequestro conservativo di tutti i suoi beni.
L’elemento su cui ha imperniato le indagini il Sostituto Procuratore Bonomo è il video delle telecamere di un bar in cui si nota l’uomo che con fatica trascina un sacco nero, nel quale l’indagato sosteneva ci fossero lenzuola e abiti. La Bonomo ha disposto la verifica del peso che avrebbe avuto il borsone se all’interno ci fossero state fibre tessili. La consulenza tecnica ha chiarito che 120 cm di lunghezza avrebbero potuto contenere un corpo senza vita.
L’imputato è stato condannato anche per premeditazione, poiché il P.M. ha ricostruito il suo piano per fuggire in Marocco con i bambini.
Dai racconti e dalle intercettazioni, l’uomo appare violento nei confronti della ex moglie: “se ti vedo con qualcuno, ti ammazzo, ti faccio a pezzettini e ti butto dove non ti trova nessuno”.
Così è stato secondo la Corte di Assise che ha accolto in toto la proposta di ergastolo sostenuta dal P.M. nella requisitoria del 6 dicembre.
– redazione –