La sentenza rivoluzionaria con cui la Consulta ha alleggerito il fardello di Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo ha provocato diverse reazioni dal mondo laico e religioso.
“Da oggi tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo – sono state le parole di Cappato – È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge“.
La Corte Costituzionale, interpellata sul caso dj Fabo-Marco Cappato, ha aperto al suicidio assistito e sancito la non punibilità di chi aiuta coloro che hanno deciso di morire ma a determinate condizioni. La sentenza della Consulta non stabilisce infatti la genericità del diritto al suicidio ma solo che chi aiuta coloro che hanno deciso di morire non debba essere perseguito penalmente e soltanto se sussistono le condizioni fissate dalla stessa Corte Costituzionale.
A coordinare da oltre due anni il collegio di difesa di Cappato è Filomena Gallo, originaria di Teggiano e segretario dell’Associazione Luca Coscioni.
Non mancano le reazioni critiche come quella della Conferenza Episcopale Italiana: “Siamo rimasti sconcertati di questo pronunciamento della Corte Costituzionale – le parole di monsignor Stefano Russo, segretario generale Cei – si apre la strada a una deriva della nostra società, dove il debole, la persona che è in sofferenza viene indotta a uno stato di depressione che può indurla a sentirsi inutile rispetto al fatto che, all’apparenza, non è più in grado di fare qualcosa della propria esistenza”.
In queste ore è inoltre interevenuto S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro: “Si può e si deve respingere la tentazione indotta anche da mutamenti legislativi – ha dichiarato – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia. La presidenza Cei ribadisce la visione cristiana della vita e della morte. Dopo che sul suicidio assistito la Consulta stabilisce i 4 casi e con quali procedure c’è la non punibilità (Volontà cosciente, patologia irreversibile, sostegni vitali, sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili), si ha chiara la percezione di un orientamento legislativo che se da un lato pone dei paletti lascia anche aperta la porta verso soluzioni più sbrigative. La Politica ed il Parlamento si riapproprino dei loro ruoli. Si accentui il significato forte dei valori della vita e della solidarietà. Solo da questi presupposti possono nascere le leggi”.
Per Monsignor De Luca non sono le leggi “che determinano i valori ma sono questi ultimi che generano le regole della civile convivenza. La scelta dolorosa di un malato di chiamarsi fuori dal gioco della vita è spesso determinata da colpevoli assenze delle istituzioni che non garantiscono quella umanità alla quale ciascuno ha diritto”.
“Nella malattia e nella terapia – conclude – non si possono ignorare i notevoli progressi per una dignitosa fine e per una vicinanza sempre più umana e cristiana. Sbarazzarsi in maniera sbrigativa di un problema è sempre un fuga dalle responsabilità”.
– Claudia Monaco –
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