Ha avuto luogo ieri a Sacco l’incontro con la giornalista Rosaria Capacchione, organizzato dall’Amministrazione comunale e dalla Banca Monte Pruno, per discutere di mafia, malaffare e legalità.
La Capacchione ha parlato dei Casalesi e di un nuovo modo di fare mafia che ha esteso la sua influenza su tutta l’Italia. Temi affrontati anche nel libro “L’oro della camorra”. Capacchione da 11 anni vive sotto scorta poiché nel 2008 nel corso del processo “Spartacus” ha ricevuto delle minacce dall’avvocato Michele Santonastaso.
I saluti sono stati affidati al sindaco Franco Latempa e al Direttore generale della Banca Monte Pruno Michele Albanese.
“Questo è un paese speciale e da qui partono gli elementi essenziali che nella malavita non ci sono: i valori – dichiara Albanese – come la riconoscenza e la dignità. Abbiamo dato degli insegnamenti per far capire che si può fare tutto anche nel canale della legalità. Non c’è mafia perché siamo stati bravi ad educare il nostro popolo ad essere onesto”.
“Prima del 13 marzo avevo già ricevuto minacce – racconta la giornalista – Mi sono trovata ad avere la scorta perché si resero conto che ero quella più esposta ed ero sul territorio tutti i giorni. L’omicidio di camorra si racconta in tre righe, io cercavo di scrivere quello che c’è dietro. La camorra che spara è quella più rassicurante perché ti consente di conoscere l’interlocutore. Ho cercato di raccontare quelli uguali a noi che erano più difficili da riconoscere. Continuo a spiegare queste cose e a scriverle”.
“Il modello dei Casalesi – ha spiegato la giornalista – era la mafia siciliana. Secondo loro il pizzo ai compaesani non bisognava chiederlo perché avevano bisogno del consenso che non si acquisiva con la paura”.
Durante l’intervento ha parlato anche di Roberto Saviano, di don Peppe Diana e dell’inchiesta in Toscana.
– Annamaria Lotierzo –