La comunità scientifica si divide in due tra favorevoli oppure strenui oppositori dell’omeopatia.
L’omeopatia usa per i propri rimedi sostanze di origine minerale, vegetale e, più di rado, animale. I passaggi successivi per la preparazione di un rimedio omeopatico sono la diluizione e la dinamizzazione del materiale di origine: la diluizione elimina la potenziale tossicità delle sostanze impiegate mentre la dinamizzazione conferisce energia al preparato ovvero ciò che costituisce la base di azione del rimedio.
Il prodotto omeopatico è diluito molte volte: per questo, l’efficacia della terapia omeopatica è ancora molto discussa poiché in netto contrasto con la strategia della medicina “ufficiale” che presuppone, invece, l’assunzione di un principio attivo concentrato e non diluito.
Per i suoi sostenitori, invece, l’omeopatia funziona sulla base del “similia similibus curantur“, il simile cura il simile e, nonostante l’apparente contraddizione, alcune prove cliniche dimostrano la validità di tale strategia.
La medicina omeopatica utilizza una sostanza naturale che, data a un soggetto sano, provoca gli stessi sintomi che presenta il soggetto malato in quel momento, per stimolare una reazione che va a rinforzare le difese dell’organismo favorendo la guarigione o prevenendo la patologia.
L’omeopatia mette in primo piano il malato e non la malattia proponendosi di curare non tanto la patologia in sé quanto il terreno su cui la malattia sta agendo ovvero un disequilibrio dell’energia vitale dal quale emergono i sintomi. Per questo gli omeopati dedicano molto tempo al paziente.
Ad esempio, i farmaci antipiretici e antinfiammatori, i FANS, sono tra i prodotti più usati al mondo. Ma abbassando la febbre con un farmaco si riduce l’azione difensiva messa in atto dall’organismo, concedendo così al virus la possibilità di proseguire nella sua opera di diffusione. La cura omeopatica di un quadro acuto febbrile, invece, rispetta la risposta difensiva dell’organismo accelerando quindi il decorso del quadro patologico acuto con rimedi come Belladonna o Aconitum.
La rivista Plos One ha recentemente pubblicato un lavoro scientifico di alcuni ricercatori italiani dell’Università di Verona e dell’Università di Milano-Bicocca che hanno provato a dimostrare l’efficacia dell’Arnica montana. Quindi hanno preso una coltura di macrofagi e li hanno trattati con Arnica per 24 ore. Hanno notato che le ferite guariscono più velocemente in presenza di Arnica omeopatica. Quando è possibile, dunque, meglio scegliere l’omeopatia.
Bibliografia: www.cure-naturali.it – www.libriomeopatia.it – www.my-personaltrainer.it