Non emergono gravi indizi di colpevolezza che giustifichino esigenze cautelari a carico di Marcello Pittella, Presidente della Regione Basilicata sospeso dall’incarico per effetto della legge Severino, coinvolto nell’indagine della Procura di Matera sulla Sanità lucana. Lo sottolinea la Quinta Sezione penale della Cassazione, spiegando perché il 26 novembre scorso ha deciso di accogliere il ricorso presentato dai difensori dell’indagato contro l’ordinanza con cui il Riesame di Potenza, nello scorso luglio, confermò la misura cautelare degli arresti domiciliari per Pittella, emessa dal gip, poi sostituita in settembre con quella del divieto di dimora a Potenza.
I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza depositata oggi, hanno accolto tutti i motivi di ricorso della difesa bocciando le motivazioni del Riesame. “Il Tribunale di Potenza – osserva la Cassazione – non ha assolto all’obbligo motivazionale, limitandosi a evidenziare una serie di elementi indiziari omettendo una reale autonoma valutazione critica e sostanzialmente aggirando le obiezioni difensive con generiche letture probabilistiche del ruolo di Pittella ed errate valutazioni. Quanto, in particolare, alle conversazioni intercettate tra altri soggetti e valorizzate dal Riesame, manca ogni concreto riferimento a elementi e circostanze desunte che consenta di cogliere unitariamente i motivi per cui esse siano state ritenute quali significativo supporto del quadro indiziario a carico di Pittella”.
Il Riesame di Potenza, secondo i giudici del Palazzaccio, “non ha individuato elementi indiziari dai quali desumere che Pittella abbia fatto sorgere, ovvero rafforzato, il proposito criminoso nei coindagati”.
La motivazione dei giudici di Potenza, secondo la Cassazione, è inadeguata anche sotto il profilo del pericolo di inquinamento probatorio, perché “risulta generica e caratterizzata da una serie di giudizi su perduranti collegamenti politici di Pittella, mentre il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova deve essere identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti”. Infine, la Suprema Corte boccia il Riesame anche sul punto del pericolo di reiterazione dei reati, basato sulla “possibile assunzione di nuovi incarichi da parte di Pittella nel partito di appartenenza o all’inserimento in ambienti amministrativi”: i giudici di legittimità infatti, osservano che “la circostanza che l’indagato possa contare su nuovi incarichi nel partito o in settori comunque di influenza che gli darebbero rinnovate occasioni di inserirsi, seppure in modo indiretto, in ambienti amministrativi con potenzialità significative di distorsione dei pubblici apparati risulta allo stato meramente eventuale e ipotetica, nonché basata su argomentazioni generaliste in ordine all’esercizio illecito di pubbliche funzioni”.
Sulla base dei criteri individuati dalla Suprema Corte, il Riesame di Potenza dovrà ora pronunciarsi di nuovo sulla vicenda.
– Chiara Di Miele –
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26/11/2018 – Inchiesta sulla Sanità in Basilicata. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di Marcello Pittella