Non se n’è stato con le mani in mano il Sindaco di Rofrano, Nicola Cammarano, che ha già presentato appello contro la sentenza di primo grado che lo condanna ad un anno di reclusione per detenzione di materiale pedopornografico.
Punto per punto, nelle pagine del ricorso redatto dal legale l’avvocato Vincenzo Speranza, vengono respinti tutti gli addebiti mossi al sindaco dal Tribunale di Vallo della Lucania che contestava la consapevolezza dell’azione di Cammarano nello scaricare e detenere il materiale pedopornografico. Ma la difesa del primo cittadino di Rofrano, nella richiesta di appello, si è opposta a questa lettura, sottolineando in primo luogo che il download è avvenuto in modo accidentale e che il sindaco non era a conoscenza del contenuto del file zippato avendo preso visione di due sole foto tra le oltre 900 presenti, che non avevano alcun carattere pedopornografico.
Secondo quanto ricostruito dalla difesa, tutto sarebbe partito da un accertamento fiscale della Guardia di Finanza presso lo studio da commercialista del sindaco il 13 febbraio 2015. Una verifica sospesa e ripresa sei giorni dopo quando venne poi trovato il file incriminato sul desktop del pc che, nell’arco di quella settimana, era rimasto in dotazione al sindaco, il quale non ha mai cancellato quei file, segno per la difesa della non conoscenza del loro contenuto.
Cammarano raccontò di aver scaricato dei file mentre navigava su siti leciti e di non aver verificato il contenuto né il numero degli stessi essendo zippato. Avrebbe visionato solo due foto che ritraevano una donna e una bambina vestite e dunque senza alcun richiamo pornografico. Le dichiarazioni di Cammarano trovano riscontro nella perizia del Tribunale da cui sarebbe emerso che furono solo 12 le foto aperte, 10 delle quali il giorno dell’ispezione della Guardia di Finanza e due nel 2014 come aveva riferito. Su tutti questi elementi si basa la motivazione del ricorsi che la difesa ha presentato opponendosi al concetto di “consapevolezza” del giudizio di primo grado, chiedendo quindi alla Corte di Appello la revisione della sentenza.
– Marianna Vallone –
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