In questo periodo si continua a parlare di smaltimento di rifiuti organici, soprattutto nel Salernitano, e della mancanza di impianti di compostaggio. Tante e diverse le conseguenze di questa problematica che colpiscono in particolar modo i paesi ricadenti nella provincia di Salerno. A questo proposito Ondanews ha intervistato l’avvocato Vincenzo Morriello, commissario liquidatore della Società Consortile GES.CO., con sede operativa a Giffoni Valle Piana che si occupa dello stoccaggio e trasferenza del rifiuto organico prodotto da molti comuni delle province campane.
- Avvocato Morriello, quanti sono i Comuni che usufruiscono dei vostri servizi?
“Le aree sono la Costiera amalfitana, gran parte dei Comuni della Provincia di Salerno e alcuni Comuni delle province di Napoli, Avellino, Caserta e Benevento. Il numero dei soggetti conferitori varia a seconda dei periodi dai 120 ai 150″.
- In quali regioni sono allocate le piattaforme di trasformazione del rifiuto in compost che voi utilizzate?
“Purtroppo in Campania e in generale nel Sud Italia non vi sono impianti a sufficienza per il recupero del rifiuto organico. Siamo costretti ad inviare i nostri rifiuti ad Este, provincia di Padova, presso la Società SESA spa che è dotata di impianti che, per dimensioni e tecnologia, sono idonei al recupero della quantità di rifiuto che noi trasferiamo”.
- Quali problemi comporta per i Comuni e di conseguenza per i cittadini la mancanza di impianti nella regione?
“La Regione Campania non riesce ad essere autosufficiente per smaltire il rifiuto solido organico. La Regione Campania, come gran parte delle regioni del centro – sud, infatti, non ha impianti a sufficienza per il recupero della frazione umida. Ovviamente, come è facilmente comprensibile, il fatto che non ci siano impianti sul nostro territorio, comporta per i comuni un costo di smaltimento più alto, costo che poi si riversa sui cittadini. Sarebbe quindi auspicabile che al più presto vengano realizzati in loco impianti di smaltimento capaci di rendere autosufficiente il fabbisogno della nostra regione”.
- I costi eccessivi del processo di raccolta e smaltimento, secondo la sua analisi, è dovuto in gran parte alla mancanza di impianti. Ci sono altri fattori che determinano l’elevato costo della tassa rifiuti nei nostri Comuni?
“Sicuramente il costo dell’avvio a recupero della frazione umida risente degli oneri per il trasporto, per cui maggiore è la distanza degli impianti di destinazione finale e più alto sarà il costo che grava sui comuni. Volendo andare poi un po’ più a fondo, incidono anche i costi della raccolta e qui il discorso si fa più complesso. A mio giudizio, ci sarebbe bisogno di ridisegnare completamente il sistema. Questo potrebbe comportare qualche sacrificio in termini occupazionali che l’attuale situazione economica generale al momento non consente.”
- Ritiene compatibile la costruzione di siti di compostaggio con la salvaguardia di livelli di sostenibilità ambientale?
“Assolutamente si. Anzi gli impianti di compostaggio con le tecnologie moderne, non solo garantiscono il recupero della frazione umida, ma anche la produzione di notevole quantità di energia verde, sotto forma di biogas e di energia elettrica. Inoltre ci sarebbe anche la produzione di acqua calda utilizzabile dalle strutture pubbliche. Gli impianti di compostaggio rappresentano una ricchezza per il territorio sotto tutti i punti di vista. L’impianto di Este, dove noi portiamo i rifiuti è non solo un esempio di tale ricchezza, ma anche la dimostrazione del come una corretta gestione mista pubblico -privato, possa addivenire a risultati importanti”.
- Se è tutto così semplice, perché, secondo lei vi è una così forte avversione dei Comuni e delle popolazioni nei confronti dell’allocazione dei siti di compostaggio?
“La forte avversione dei comuni e delle popolazioni nei confronti delle allocazioni degli impianti di compostaggio è dovuta principalmente alla disinformazione sul funzionamento di tali impianti. Spesso, sedicenti ambientalisti senza conoscere il processo di compostaggio, paventano esalazioni nocive o cancerogene, creando ingiustificati allarmismi. Giustamente la gente che non conosce i procedimenti degli impianti ha paura. Spesso la politica, di fronte alle proteste dei cittadini per l’allocazione degli impianti, preferisce cavalcare il malcontento anziché far capire ai propri amministrati gli eventuali benefici di un impianto. In generale un ‘no’ è più facile rispetto ad un ‘si’. In realtà gli impianti di compostaggio non possono rappresentare alcun pericolo per la salute pubblica, sia perchè si fondano su un principio naturale della decomposizione del materiale organico, sia perchè nell’impianto di compostaggio non può essere smaltito alcun rifiuto tossico. Tale fantasma viene spesso agitato, adombrando il sospetto che si parte con la realizzazione di un impianto di compostaggio per poi smaltirvi chissà cosa. In realtà chi conosce il funzionamento di tali impianti, sa bene che in essi non si può smaltire nulla di diverso dall’organico. Basti pensare che, se per la raccolta del rifiuto organico vengono usate buste non compostabili, gli impianti rimandano indietro il rifiuto. Le popolazioni andrebbero adeguatamente informate e sensibilizzate”.
– redazione –