Il patrimonio artistico del Vallo di Diano non finisce mai di sorprendere, come è capitato di recente quando è stata presentata una delle sue opere più notevoli, sottoposta recentemente ad uno splendido restauro, e cioè il bellissimo stemma aragonese, che ha ripreso il suo posto nel Museo della Pietra di Teggiano. E’ forse utile riassumere qui il percorso compiuto da quest’opera dal completo abbandono in cui giaceva alla graduale rivalutazione acquisita in seguito.
Va detto anzitutto che circa mezzo secolo fa questo stemma era conservato nella chiesa di San Pietro di Teggiano, dimessa al culto da tempo e destinata a Museo Civico. Dopo di averlo osservato per anni, giunsi alla conclusione che tale stemma aveva una notevole importanza storica ed artistica, che doveva essere svelata. Alla fine decisi di sciogliere l’enigma attraverso una necessaria ricerca bibliografica. Fu così che dapprima trovai la citazione di questa stemma nella “Lucania sconosciuta” del seicentesco teggianese Luca Mandelli, e poi consultai alcuni cataloghi di stemmi angioini ed aragonesi che sono conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, riscontrando in uno di essi appunto lo stemma simile a quello di Teggiano. Il problema era risolto: lo stemma apparteneva al re Ferdinando d’Aragona.
Ma veniamo alla rappresentazione grafica dell’opera. Come si vede nella foto, due angeli sorreggono il grande scudo che, con una perfetta centralità, si inserisce tra due piccoli stemmi dell’antica Diano (Teggiano). Che significa? In parole semplici, vuol dire che la Casa Reale d’Aragona impone il suo dominio su Diano. Perché, cos’è accaduto? Va precisato che lo stemma, come attestano le fonti, è del 1487, cioè risale a due anni dopo la famosa Congiura dei Baroni contro il suddetto Ferdinando d’Aragona, ordita nel Castello di Diano dal ribelle Antonello Sanseverino, principe di Salerno e Signore di Diano. Sconfitti i congiurati, il re confisca tutti i loro beni, che vengono devoluti al demanio regio. Ovviamente anche Diano segue la stessa sorte. Fatto questo, il re volle lasciare un segno del suo dominio facendo apporre il suo stemma nel luogo più significativo della città, cioè nel campanile della chiesa madre di Santa Maria Maggiore. E lì restò per secoli, fino ad un restauro del campanile della stessa chiesa ai primi del Novecento, restauro che comportò la rimozione della lastra aragonese, che fu portata, come si è detto, nella chiesa di San Pietro.
Oltre a costituire un rilevante documento storico, questo stemma è al tempo stesso una bella scultura rinascimentale, eseguita per ordine regio non da un locale lavoratore della pietra, ma, per i valori espressivi che mostra, da un artista di sicuro rilievo, che purtroppo non è possibile riconoscere, perché quest’opera finora non è stata oggetto di studio. Comunque, va detto che nello stesso anno della esecuzione dello stemma (1487) a Teggiano era presente ed attivo uno scultore di notevole valore, quel Francesco da Sicignano che eseguì grandi opere d’arte per la chiesa di Santa Maria Maggiore e per quella della SS. Pietà.
Questo stemma aveva la consistenza di un vero e proprio “manifesto politico” che sanciva la giusta vittoria della monarchia contro i bellicosi baroni del Regno e probabilmente fu eseguito da uno scultore di corte proveniente dall’ambiente artistico napoletano della seconda metà del Quattrocento. Per ribadire il dominio di Ferdinando d’Aragona su Diano, lo stemma fu ripetuto e collocato in una delle torri del Castello, dove si trova tuttora.
– Arturo Didier –
FONTE: A. DIDIER, Storia di Teggiano, Laveglia&Carlone, Salerno 2010, pp. 38-39.