Un 39enne di Capaccio Paestum figura tra i 36 indagati nell’ambito dell’inchiesta “Dulcis in fundo” condotta dalla Procura di Napoli Nord. L’uomo è stato sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria dopo una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, e condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta, insieme agli ispettori dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che ha condotto all’esecuzione di un’ordinanza applicativa di 9 misure cautelari personali, di cui 4 arresti domiciliari e 5 obblighi di presentazione, nonché al decreto di sequestro preventivo di beni immobili, rapporti finanziari e partecipazioni societarie per oltre 12 milioni di euro.
I destinatari dell’ordinanza sono gravemente indiziati di aver costituito e fatto parte di un’associazione per delinquere, con base operativa in provincia di Napoli, attiva nella commissione di plurimi reati tributari nonché nell’immissione illecita nel mercato nazionale di partite di zucchero, soprattutto di origine serba e slovena, commercializzate da una società con sede a Sant’Antimo (NA) e luogo di esercizio a Carinaro (CE), che le vendeva “in nero” a numerosi operatori nazionali del settore vitivinicolo per la sofisticazione dei loro prodotti. L’elaborazione di tutte le evidenze investigative ha quindi svelato l’esistenza di una ramificata compagine criminale, con proiezione transnazionale, che ha operato fraudolentemente nel mercato vitivinicolo avvalendosi di una fitta rete di persone e imprese compiacenti dislocate, tra l’altro, in Campania, Puglia, Sicilia e Veneto. Sono 36 le persone indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, frode nell’esercizio del commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, falsità in registri e notificazioni, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio.
In particolare, l’associazione per delinquere si approvvigionava di masse di saccarosio di provenienza estera (Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia) che venivano veicolate alla società con sede a Sant’Antimo attraverso l’interposizione fittizia di imprese “cartiere” nazionali, cioè formalmente attive ma di fatto non operative, risultate essere anche inadempienti agli obblighi fiscali. Quindi, attraverso tale complesso sistema di frode, la compagine criminale riusciva a commercializzare zucchero in evasione di imposta e a prezzi estremamente competitivi a compiacenti imprenditori vitivinicoli. In tal modo, questi ultimi compravano “in nero” partite di saccarosio che non avrebbero potuto, invece, acquistare atteso che la normativa nazionale e comunitaria non consente loro la detenzione di sostanze zuccherine e, ancor più, il loro impiego nei rispettivi opifici. In spregio alle regole, invece, tali imprenditori utilizzavano lo zucchero così acquistato (perpetrando il cosiddetto “autoriciclaggio merceologico”) per la sofisticazione del vino, attraverso l’incremento della gradazione alcolimetrica, nonché per la produzione di mosti, mosti concentrati e zuccheri liquidi d’uva, successivamente oggetto di vendita ad ignari acquirenti.
– Chiara Di Miele –