Lettera aperta alla redazione – di Franco Iorio
Essere di sinistra significava impegnarsi per gli ideali di giustizia sociale, per l’onestà, per l’uguaglianza, battersi per il lavoro, per il sostegno ai poveri. Il bacino elettorale della sinistra proveniva proprio dagli strati sociali che in questi ideali si immedesimavano.
Almeno fino al 2008, quando la sinistra ha cominciato a perdere i riferimenti a causa dei cambiamenti sociali rapidi, perché la classe operaia si è sempre più impoverita, perché il ceto medio ha subito gli effetti della stagnazione prima e della recessione poi, perché la classe impiegatizia ha pagato il ripiegamento economico dei salari e stipendi, perché il lavoro si è precarizzato.
Era nato intanto il M5S del “Vaff” e la gente cominciava a seguire le sue battaglie sui media, si moltiplicava la partecipazione di giovani e meno giovani alle manifestazioni di piazza dove si predicavano i concetti di onestà, l’abolizione dei vitalizi, il giustizialismo e il garantismo, l’astio verso politici e corrotti, il contrasto alla povertà con il “reddito di cittadinanza”. Oggi sappiamo che il M5S è risultato il partito più votato alle elezioni del 4 marzo scorso sia alla Camera (32,67%) che al Senato (32,21%). Sappiamo pure che è un partito a tutti gli effetti e non più un “movimento”. Si calcola che nel risultato elettorale del M5S ci sia più di un pezzo del Pd, come dicono tutti gli istituti di analisi.
Ma non basta, ci sono vendoliani, montiani, anche forzisti, soprattutto gli astenuti delle politiche del 2013. E’ la galassia della sinistra che si è riversata su Luigi Di Maio e i suoi candidati, i più addirittura sconosciuti in moltissimi collegi ma risultati eletti proprio perché rappresentanti del Movimento. Non il nome, dunque, ma il simbolo. E una qualche motivazione ora dobbiamo pur darcela di questo fenomeno che, sì, era previsto dai sondaggi ma di tale portata no.
E cominciamo dalla sbandierata “democrazia diretta”, rappresentata come la partecipazione immediata dei cittadini all’esercizio del potere senza intermediazione. Il che non appare possibile, men che meno se “digitale”, eppure la trovata ha riscosso enormità di consensi. Ma va detto che questa, sì anche questa, è una idea della sinistra radicale e va fatta risalire nientemeno che alla visione collettivista di Carl Marx. Sicchè, vista così, la partecipazione “digitale” della gente come proposta dal M5S è da ascrivere all’ideologia della sinistra. Come pure gli impegni di programma in favore dei disoccupati e dei poveri con il “reddito di cittadinanza” si permea dei concetti e dei principi che da sempre hanno contrassegnato la sinistra.
Certo, non realizzati, ed è inutile ora ricercarne i motivi. Da qui lo scontento, la delusione, l’amarezza. Dunque l’abbandono del Pd per un Movimento che sembra dare ascolto alle domande della gente. E poco vale aver affrontato il disagio sociale con il “reddito di inclusione” se poi non è stata percepita la lotta alla corruzione e al clientelismo malgrado l’istituzione dell’Anac di Cantone. A completare lo scollamento dell’elettorato dal mondo della sinistra è sopraggiunto il Referendum del 4 dicembre 2016 e le vicende di Banca Etruria, che insieme hanno dato la sensazione di un arroccamento della casta e di una gestione insensibile del potere, lontano e staccato dalle invocazioni provenienti dal popolo in sofferenza. Il disamore ha assunto giorno dopo giorno le dimensioni di una fiumana riversatasi nel bacino elettorale del Partito di Luigi Di Maio, avvertito più vicino al popolo, più cosciente nella interpretazione del sentimento popolare e più adatto alla soluzione dei problemi dei tempi. Così la generazione dei “cinque stelle” si è appropriata di alcune lotte antiche della sinistra e le ha aggiunte a quelle della sua bandiera. E si sa che con una bandiera si può portare la gente dove si vuole.
– Franco Iorio –