Si è tenuto nella giornata di ieri a Marina di Camerota, in occasione della Festa della donna, un incontro con “La Strambaia” un gruppo di donne creato per ricordare le ragazze del posto che in passato raccoglievano l’erba spartea, la lavoravano e la trasformavano in funi dai mille usi.
La manifestazione, giunta quest’anno alla sua terza edizione, si è aperta con la benedizione da parte di don Andrea, parroco di Camerota, di una lapide dedicata a 12 strambaie che il primo giugno 1867 persero la vita in seguito all’inabissamento di una barca vicino alla spiaggia del Marcellino. In quell’occasione persero la vita anche i due marinai che la guidavano.
“Fu una tragedia che sconvolse l’intera comunità di Camerota – affermano Domenica Troccoli e Elvira Ruocco, due donne coinvolte in prima persona in questa tragedia e grandi sostenitrici di questa manifestazione – Si trattava di ragazzine che facevano questo mestiere per guadagnarsi un tozzo di pane. È importante conoscere questa vicenda e rievocare le nostre donne in questo giorno particolare, perché rappresentavano il fulcro della società camerotana. È grazie a loro che le famiglie avevano di che mangiare”.
Una manifestazione voluta e sostenuta dal sindaco Mario Scarpitta e dall’assessore alla Cultura Teresa Esposito.
“Questa giornata è una delle più belle per il comune di Camerota. Con questo ricordo noi ripercorriamo tutta la nostra storia perché la donna camerotana è stata il cuore pulsante della società e ha fatto sì che il nostro diventasse un comune importante e ricco di valori”, queste le parole del primo cittadino.
All’incontro hanno partecipato anche Orazio Ruocco, Vincenzo Ambrano e Ultimio Talamo che con racconti diversi hanno rievocato la storia di queste fantastiche donne ma anche di quelle che parteciparono ai moti cilentani del 1848. La manifestazione si è conclusa con la lettura, da parte di alcune ragazzine della scuola di Licusati e del laboratorio teatrale “La bottega del Sorriso”, di alcuni brani estratti dal libro “Storie della buona notte per bambine ribelli”.
– Maria Emilia Cobucci –