“Da tempo la Federazione Pensionati della Cisl denuncia che la povertà in provincia di Salerno colpisce una rilevante parte dei pensionati e della popolazione anziana. Non c’era bisogno degli indicatori della Svimez per avere conferma della situazione di crisi in cui versa il territorio provinciale. Ci sono anziani che non riescono a curarsi per gravi patologie tumorali per poter mangiare e arrivare a fine mese. Purtroppo il dato è allarmante perché più dell’80% delle pensioni è al di sotto della soglia di povertà, cioè meno di 1000 euro al mese, delle quali il 53,7 è addirittura al di sotto dei 500 euro mensili”. Così Giovanni Dell’Isola, segretario della Fnp Cisl Salerno, commenta l’allarme povertà diventato insostenibile in provincia di Salerno.
“La ricerca della Svimez è la conferma di una realtà che chi opera nel sociale conosce e tocca con mano ogni giorno. Parlare di persone che si trovano al di sotto della soglia di povertà è solamente un eufemismo. Molti di loro non riescono nemmeno a comprare le medicine per curarsi e nemmeno i generi alimentari di cui hanno bisogno – continua Dell’Isola – Troppi pensionati, in particolare donne, sono costretti a vivere con pensioni insufficienti a soddisfare le più elementari esigenze di vita come alimentazione, salute, abitazione e abbigliamento. Nella nostra provincia la situazione non è ancora esplosa grazie alla tenuta delle reti informali e familiari e perché i pensionati, molti dei quali sostengono anche le famiglie dei figli cassintegrati o disoccupati, stanno dando fondo ai loro ultimi risparmi. Ci fa piacere che ora se ne siano accorti in molti, ma purtroppo i segnali c’erano tutti già prima”. Ad avere la peggio, secondo la Cisl pensionati, è sempre chi vive con la pensione dell’Inps. Il 62,2% dei pensionati della provincia di Salerno, infatti, vive con meno di 500 euro, mentre solo il 31,1% arriva a 1.000 euro. Restano pochi i fortunati che raggiungono 1.500 euro (4,2%), 2.000 euro (1,6%) o superano i 2.000 euro (1%). Meglio sta, invece, chi riceve la pensione ex Inpdap. Il 4,1% non supera i 500 euro, mentre il 18,2% vive con poco più di 1.000 euro. Il 31% oscilla tra i 1.000 e 1.500 euro e il 22,2 % tocca quota 2.000 euro.
“A rendere più complicate le cose, inoltre, c’è la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha bloccato la rivalutazione delle pensioni contraddicendo la precedente sentenza della stessa Corte per cui i pensionati sono l’unica categoria di questo Paese a cui viene negato il diritto di adeguamento delle proprie pensioni al costo della vita anche in considerazione che a loro non sono stati concessi neppure gli 80 euro che invece sono stati elargiti praticamente a tutti gli altri settori – continua Dell’Isola – Occorre rivedere l’automatismo che lega l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, individuando quei lavori particolarmente gravosi e pesanti che non possono essere svolti dopo una certa età, cosa che agevolerebbe anche l’occupazione dei giovani. Inoltre, c’è un problema di ordine politico e morale che va affrontato in tempi brevi ed è quello relativo alle vere pensioni d’oro ed ai vitalizi che consentono di percepire emolumenti da 20mila, 30mila e fino a 90mila euro al mese senza che ci sia stato un corrispondente versamento contributivo. E’ una questione che va affrontata da subito, insieme a quella della separazione tra assistenza e previdenza, che oggi vengono pagate solo dai lavoratori e imprese e che invece per l’assistenza, giusta e doverosa in un Paese civile, dovrebbe andare a carico della fiscalità generale. Si evidenzierebbe in tal modo che il solo costo delle pensioni è coperto dai contributi versati ed i conti sono non solo in equilibrio, ma segnano addirittura un avanzo positivo”.
– Chiara Di Miele –