Come è meglio che i genitori gestiscano i rapporti con le due lingue? Può essere un grosso problema per il bambino il predominio della lingua parlata a scuola, rispetto alla padronanza della lingua straniera?
A volte il bilinguismo infantile viene vissuto dai genitori stranieri con difficoltà, manifestando molte incertezze sulle strategie linguistiche da adottare. In alcuni casi si sceglie di parlare con il figlio in italiano, lingua utile per l’inserimento nella società, condizione che, però, risulta essere negativa sia per le dinamiche familiari che per la personalità del bambino e purtroppo, ancora oggi, alcuni insegnanti e operatori, indirizzano verso questa scelta.
Per la maggior parte del tempo il bambino vivrà situazioni in cui viene impiegata la lingua del Paese d’accoglienza e si interesserà soprattutto a ciò che avviene al di fuori delle mura domestiche. In base a questi elementi di realtà, si può affermare che la pratica di entrambe le lingue per il bambino non sarà mai allo stesso livello, vi sarà comunque la padronanza maggiore della lingua “esterna” (quella parlata a scuola). Eppure, un’educazione bilingue e biculturale non può che essere benefica, a patto che gli altri aspetti legati alla situazione siano altrettanto positivi.
E’ importante non perdere di vista che il figlio di uno o di due genitori stranieri, per quanto sia legato ai suoi genitori e alla loro cultura, appartiene comunque essenzialmente al Paese in cui vive.
La lingua “della scuola”, quella di “fuori” sarà la stessa che probabilmente parlerà di più da adulto. Negare questa realtà significa rifiutare di riconoscergli un’esistenza indipendente.
L’apprendimento della lingua straniera avverrà, quindi, in modo del tutto naturale in un contesto affettivo di naturalezza e spontaneità, uno spazio dentro il quale la lingua viene stimolata da un apprendimento informale, legato all’esperienza vissuta. In essa il bambino assimila il gioco fonetico, le strutture grammaticali di base e un vocabolario, andando a costruire due dei fondamenti stessi della lingua, che difficilmente possono essere colti in età adulta: l’accento e la capacità morfosintattica, ed è un processo che non bisogna forzare.
La situazione linguistica ideale sarebbe dunque quella in cui il bambino possa parlare una lingua con i genitori a casa e l’altra con i compagni a scuola. Così le funzioni delle due lingue sarebbero chiaramente definite.
Questa forma di bilinguismo presenta un carattere di necessità: il bambino apprende la sua prima lingua come tutti i coetanei monolingui, poi acquisisce la seconda, al fine di soddisfare il bisogno vitale di comunicare con gli altri.
– Claudia Colombo –
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