Documenti fondamentali per la conoscenza della vita sociale dei piccoli centri del Mezzogiorno nei secoli scorsi, sono i cosiddetti Apprezzi dei feudi, che sono delle relazioni di carattere economico compilate da funzionari statali incaricati di calcolare i redditi di ciascun feudo al fine di poter poi applicare un aumento del contributo dovuto alla Stato dal feudatario.
Il 25 novembre 1630 fu compilato l’Apprezzo del feudo di Padula, nel quale è possibile conoscere, tra l’altro, la produzione agricola di tale feudo, posseduto dalla marchesa Agnese da Ponte.
“La detta Terra ha pochi territori”, dice il documento, nei quali comunque c’è una “abbondantia di vigne, dove fanno vini bianchi, rossi et cerasuoli…Negli horticelli hanno olive, celsi, frutti d’estate, come sono cerasa, visciole, amarene, pruna, percoche, et altri frutti de inverno, come pera, mela, sorbe, nuce, cotogne et altri frutti; et hanno abbondantia d’ogni sorte di fogliame, agli cipolle, ogni sorte di legumi, come sono fave, fasoli, ciceri et altre sorti; fanno in detti territorij grani abbondanti per il loro vitto, orgio, oglio”. Inoltre i contadini “attendono al meglio che ponno nel campo a zappare le vigne hortolitij, et alla custodia d’animali, et l’estate vanno in Puglia a mietere”.
Va detto che questa emigrazione stagionale, comune a tutti i paesi del Vallo, serviva ad essi soprattutto per ottenere del danaro col quale pagavano i contributi fiscali.
In quanto alle loro donne, prosegue il documento, “esse sono assai belle et quanto più sarriano se non fussero maltrattate de mangiare, dormire et vestire…Esse attendono a filar lino, lana, cucire, tessere, andare a lavare al fiume, legnare et portare acqua”.
Venendo a dati di carattere generale, si apprende che Padula ha circa 2800 abitanti, ed il Comune è governato da un Sindaco e due eletti. Vi si svolge nel mese di agosto l’antichissima Fiera del Tomusso, “quale sta in mezzo d’una spatiosa campagna tra la Padula e Buonabitacolo, dove per otto giorni ci concorre molta gente a vendere et comprare animali”.
Ci sono due monasteri: la “famosissima” Certosa di San Lorenzo e il monastero di San Francesco e ci sono “cinquanta preiti sacerdoti di Messa, et altri centocinquanta et più tra diaconi, suddiaconi, oblati offerti et clerici coniugati, li quali certo vivono santissimamente, non sentendosi di essi nessuna cosa di male”.
Va detto che questa situazione abbastanza normale di Padula di lì a poco sarebbe stata sconvolta dalla terribile peste del 1656, che avrebbe causato in tutto il Vallo di Diano, e nel Mezzogiorno in genere, il dimezzamento degli abitanti, il che portò ad una grave crisi economica da cui si uscì verso la metà del Settecento, in virtù del ripristino del Regno di Napoli e delle riforme del governo borbonico.
– Arturo Didier –
FONTE: “Apprezzo del feudo di Padula”, in A. SACCO, La Certosa di Padula, Roma 1916-1930, III, p. 87 ss.