“La pratica della contenzione fisica sanitaria non solo non trova fondamento costituzionale, ma non riceve riconoscimento esplicito nemmeno a livello di legislazione ordinaria”. Lo dicono le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello ha condannato medici e infermieri per la morte di Franco Mastrogiovanni, morto nel reparto di psichiatria di Vallo della Lucania dopo 83 ore trascorse legato al letto, senza bere né mangiare.
Aveva 58 anni e, come si legge su “La Città di Salerno”, quella a cui fu sottoposto è per la Corte presieduta da Michelangelo Russo “una contenzione disumana”, che non può essere giustificata con finalità di protezione del paziente e appare come una prassi legata a carenze di personale e volontà organizzative. Il fatto che nessuno dei medici l’abbia annotata in cartella clinica dimostra per i giudici la consapevolezza di quanto non vi fosse alcun presupposto per legittimarla. Se le pene previste in primo grado sono state ridotte è solo nel rispetto di criteri di commisurazione della pena, “che non devono tenere conto di fattori emotivi” e in considerazione di un contesto temporale in cui la sensibilità a certi temi era meno avvertita.
Ma lo snodo principale è quello che riguarda gli infermieri, su cui la Corte ribalta l’assoluzione decisa in primo grado accusandoli di essere rimasti impassibili dinanzi alle sofferenze del paziente, ai suoi ripetuti tentativi di liberarsi e alle ferite che si notavano a polsi e caviglie.
“Avrebbero dovuto riferirlo al medico – si legge nelle motivazioni della condanna – chiedergli conto dell’effettiva necessità della contenzione, sollecitare la liberazione”. Invece “tutti si sono uniformati a una prassi penalmente illecita e hanno dato un contributo materiale consapevole alla privazione della libertà personale, senza esercitare il potere/dovere di rifiutarsi”, contribuendo di fatto all’insorgere di quell’edema polmonare che portò il maestro di Castelnuovo Cilento alla morte.
Come si legge sul quotidiano, è una lettura che l’avvocato Michele Capano, esponente di Radicali Italiani e costituitosi parte civile per l’associazione Robin Hood, accoglie con favore ricordando che proprio da questa vicenda i Radicali hanno elaborato una profonda riforma delle procedure di Tso, con la previsione di una immediata e obbligatoria tutela legale per il malato.
– Paola Federico –
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