Le sigarette elettroniche, almeno quelle che contengono nicotina, non sono meno dannose di quelle tradizionali, aumentano il rischio di tumore ai polmoni e rendono “schiave” le persone. Così Vera da Costa e Silva, uno dei medici del gruppo di controllo del tabacco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha denunciato pubblicamente le aziende che producono tabacco. Il dibattito è avvenuto a Vienna, dove si è tenuto il congresso internazionale IASLC (International Association for the Study of Lung Cancer) sul tumore al polmone.
Le sigarette elettroniche sarebbero dannose così come quelle tradizionali e non sarebbero un incentivo a smettere di fumare ma anzi, spesso, verrebbero aggiunte a quelle classiche, aumentando notevolmente la percentuale di nicotina nel sangue. “In sintesi, anche grazie agli ultimi studi, dobbiamo dire che non sono prodotti sicuri – ha affermato Alan Shihadeh, dell’Università americana di Beirut – e che chi li fuma muore come gli altri fumatori”. Anche perché la nicotina secondo studi dell’Università della California, non solo ha un’attività promotrice dei tumori, ma induce chemioresistenza, quindi rende meno efficace la terapia.
Durante il convegno si è discusso anche delle “waterpipe” più comunemente conosciute col nome di narghilè, che in alcune zone del mondo, come ad esempio nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sono molto diffuse. I vari tabacchi e aromi che si usano per le “waterpipe” sono stati approvati e dichiarati sicuri dalle autorità competenti, ma per l’ingestione, non per l’inalazione ed è tutt’altra cosa.
Ciò che gli oncologi non accettano è che la sigaretta elettronica venga commercializzata come un prodotto alternativo alle sigarette, con immagini allusive e tendenziose che mostrano famiglie felici, con bambini e neonati, dove i genitori fumano tranquillamente le e-cig. Inoltre gli studiosi dell’OMS si sono scagliati contro quegli studi che certificano la non dannosità delle sigarette elettroniche, accusati di essere vittime di conflitti di interesse: “E’ importante che le università non prendano soldi dalle industrie e che non ci sia promozione dei prodotti né delle ricerche finanziate dalle industrie. Per non diffondere informazioni controverse”.
Bibliografia : www.repubblica.it – www.105.it – www.corr.it