Stress e psoriasi, il legame esiste. Nel senso che lo stress può essere un fattore di rischio e un elemento scatenante della malattia, ma può anche essere una conseguenza del disturbo che porta un carico di sofferenza fisica, psicologica, sociale ed economica, che impedisce al paziente di vivere una vita piena.
È quanto è emerso nel corso del simposio organizzato nell’ambito dei lavori della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) tenutosi a Genova.
La psoriasi è una malattia che può essere molto dolorosa e difficile dato che ha un impatto significativo sulla vita di una persona, con comorbidità fisiche e psicologiche che interagiscono in una menomazione permanente. È quindi importante non solo curarla, ma interagire con il paziente affinché questi possa viverla al meglio, innalzando le proprie aspettative di qualità di vita.
In Italia secondo le stime più recenti sono circa 2,5 milioni i malati affetti da psoriasi. La maggior parte delle persone affette da questa patologia (circa il 80 %) soffre di psoriasi a placche, nella forma lieve o moderata, mentre circa il 20% è colpito da una forma moderata-grave tale per cui, in alcuni casi, è necessaria l’ospedalizzazione. La psoriasi, infatti, è una malattia cronica che, se non trattata, può mettere i pazienti ad aumentato rischio di altre gravi condizioni di salute, tra cui malattie cardiache. L’interleuchina IL-17A, è una citochina che svolge un ruolo chiave nel sostenere l’infiammazione sottostante alla psoriasi. I farmaci che si sono dimostrati più efficaci sono quelli che agiscono direttamente su questa proteina. A livello EMA, ad esempio, è stato da poco approvato, un nuovo trattamento, Ixekizumab, che evidenzia dati positivi con elevati livelli di scomparsa totale delle lesioni.
Una malattia complessa, in cui lo stress gioca un ruolo specifico. Il legame fra stress e psoriasi è collegato al rilascio da parte delle terminazioni nervose di alcune molecole che, interagendo con le mast cells, portano ad un diretto aumento dell’infiammazione neurogenica. In questo quadro, quindi, un approccio olistico al paziente, che integri biologia e medicina psicosociale, è fondamentale.
Bibliografia : www.corriere.it – www.quotidianosanita.it – www.helthdesk.it – www.piusanipibelli.it
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott.Alberto Di Muria