Lettera aperta alla redazione – di Franco Iorio
Chiedo ospitalità per raccontare il “NO” di Virginia Raggi, Sindaca della Capitale, alla candidatura di Roma alle olimpiadi 2024. L’ho vissuto in diretta poiché nella città, a causa di alterne vicende non sempre liete della vita.
Uno spettacolo penoso, metteva disagio. Un “Parli tu? O dico io?” tra imbarazzanti incongruenze, imprecisioni e pressappochismi scambievoli con un serioso e laconico Frongia Daniele, Assessore-esperto al suo fianco, e la stessa Sindaca palesemente segnata da un sorriso nervoso che ne alterava la franchezza. Dunque, “NO”, le olimpiadi non portano vantaggi, non sono un’occasione per Roma, non causano indotto e turismo. Certo, può essere vero e mi aspettavo adeguate motivazioni. Invece argomentazioni che mi hanno rimandato alla geometria di Euclide, ricordo di giovani studi basata sulla specificità dei postulati e dei teoremi. Come dire che il “NO” della Raggi poggia su postulati da dimostrare perché regga la prova dei fatti.
Orbene, superando gli aspetti giuridici sul principio fondamentale della “continuità amministrativa”, che si impara il primo anno di giurisprudenza, quali sono questi postulati o principi che dir si voglia? Con le olimpiadi 2024 si assumono debiti che pagheranno i romani e gli italiani tutti. Preoccupazione condivisibile, da approvare subito: il bilancio della capitale è al limite del default, ossia dell’insolvenza, e le finanze dello Stato non brillano di salute. E invece non è vero. Perché a carico del bilancio di Roma non era previsto assolutamente niente. Infatti, la spesa (5miliardi e 300milioni di euro) preventivata dal Comitato organizzatore dei giochi cedeva a carico del Governo (2miliardi e 100milioni) spalmabile sui bilancio dei prossimi sette anni ad iniziare già dal 2017 (140milioni), a carico del Comitato Internazionale (1miliardo e 500milioni), a carico di sponsor e privati (910milioni), il resto quali proventi della vendita dei biglietti. Nulla, dunque, sul bilancio di Roma, che avrebbe solamente introitato e investito per aggiustare strade al limite della transitabilità, bus che non partono per mancanza di ricambi, metro che rallentano quando non si fermano proprio, illuminazione fatiscente e a tratti ancora mancante sul GRA (Grande Raccordo Anulare).
Poi, l’ha chiamato “assegno in bianco” l’altro punto ritenuto essenziale dalla Sindaca, con riferimento a uno studio dell’Università di Oxford sulle Olimpiadi. Ma anche in questo caso è stata evasiva sui dati presi in considerazione, che riguardano i giochi olimpici precedenti al 1999. Non applicabile, dunque, alle Olimpiadi del 2024 perché le candidature devono sottostare a nuove regole cambiate con la cosiddetta “Agenda 2020”, regole concepite proprio per contenere i costi, mediante l’utilizzo di impianti esistenti ed evitando la cementificazione.
La confusione totale si è avuta quando la Raggi ha fatto cenno ai no di Boston, Amburgo e Madrid. Sguardi interrogativi tra i giornalisti e un certo sbigottimento: nessuna di queste città è stata mai candidata alle Olimpiadi del 2024! Tra l’altro, Amburgo fece ricorso al previsto referendum nel novembre 2015 e la popolazione votò no. Madrid non si è mai candidata, Boston fu ritenuta inadeguata e ne ha tratto vantaggio Los Angeles. Ma il massimo è stato toccato quando la Sindaca ha parlato di un miliardo di debiti per gli espropri delle Olimpiadi del 1960. A tal proposito non sono mancate tra i giornalisti voci di rettifica e più di uno ha chiarito che il debito ammonta a 975 milioni e si tratta di procedure espropriative dal 1962 a oggi, con una quota marginale riguardante la costruzione del Villaggio Olimpico.
Sbigottimento completo quando è stata affacciata la tesi secondo cui “non si possono fare i giochi per il pericolo che qualcuno rubi”. Un giovane alle mie spalle, certamente un atleta, parola più parola meno ha sussurrato “…no, quando c’era la sinistra, perché rubavano; no, quando c’era la destra per lo stesso motivo; idem quando c’erano i tecnici. Ora ci siete voi, che vi definite onesti e trasparenti, e se pure voi tutori dell’onestà rinunciate, a quelli della mia generazione non resta che andarsene all’estero”. Finita la conferenza nel grigiore più assoluto, si aprì una interessante discussione in un gruppo di giornalisti sul tema dell’annullamento della delibera di impegno adottata nel 2015 dalla Giunta Marino. Mi permisi di chiarire che casomai si doveva parlare di “revoca” e non di “annullamento”, se le motivazioni erano quelle esposte dalla Sindaca. Fondata, quindi, su nuove valutazioni e in base ad elementi diversi e sopravvenuti che determinano l’opportunità della delibera da revocare. Ma la “revoca” ha efficacia ex nunc, ossia da questo momento, perché rimangono impregiudicati gli effetti prodotti in precedenza dall’atto che viene revocato. Non c’è che attendere, però rimane il grande stupore, il turbamento per uno spettacolo confusionario e approssimativo cui mai avrei pensato di assistere.
– Franco Iorio –