Dieci anni senza Super Sic. Era il 23 ottobre 2011 quando il campione della MotoGP Marco Simoncelli perse la vita in seguito ad un incidente in sella alla sua Honda sul circuito a Sepang, in Malesia. Sono passati 10 anni, eppure quelle immagini restano impresse nella mente, oggi come ieri. Il mondo dello sport, delle moto, gli appassionati e l’Italia intera attesero con il fiato sospeso i lunghi minuti che seguirono l’impatto fino all’annuncio della morte del giovane campione che aveva ancora davanti un futuro brillante. Una tranquilla domenica si trasformò in un giorno colmo di dolore e lacrime.
Sic continua a vivere e soprattutto a correre. Nessuno ha mai dimenticato il numero 58 e quei riccioli che spuntavano da sotto il casco. Nessuno si è mai arreso alla morte, soprattutto la famiglia, gli amici e quanti lo hanno sempre sostenuto. Di tutto questo ne abbiamo parlato con Kate Fretti, fidanzata di Marco Simoncelli, che ci ha gentilmente concesso l’intervista.
- Ha sempre seguito Marco Simoncelli ed era con lui quella domenica di 10 anni fa in pista. Una ragazza a 22 anni non immagina di perdere il proprio fidanzato in quel modo. Può il tempo curare una ferita tanto grande?
Pensavo di no. Non è che la curi però il tempo fa in modo che si viva in modo diverso, ti dà modo di elaborare la cosa. Ognuno vive il lutto a modo proprio. Non ti dà dei motivi di spunto perché non è che alla fine sei felice e dici “che bello lavoro in Fondazione quando invece potevo essere con lui in pista”. Di sicuro la vivo meglio rispetto al 2011, quindi posso affermare che il tempo in qualche modo dà una mano.
- Dal dolore può nascere qualcosa di grande e Marco corre ancora. Insieme al padre, alla madre, alla famiglia e agli amici avete messo in piedi una bella realtà che oggi è la Fondazione e “Casa Marco Simoncelli”
“Casa Marco Simoncelli” è uno dei nostri ultimi progetti. La Fondazione ha sede a Riccione mentre “Casa Marco Simoncelli” a Coriano. E’ un centro diurno che accoglie ragazzi disabili e l’abbiamo affidata alla Comunità di Montetauro che è la comunità dove Marco andò nel 2011. Abbiamo deciso di fare questo progetto insieme. Non so bene se siamo stati noi a scegliere loro o loro a scegliere noi, però alla fine abbiamo completato questo centro.
- La Fondazione è un qualcosa che la lega ancora alla famiglia di Marco
Sì, assolutamente. Credo che forse a prescindere dalla Fondazione sarei legata a loro ma siccome lavoriamo insieme, posso vederli ancora di più
- In questa data fortemente simbolica, Valentino Rossi corre per l’ultima volta in Italia e lo fa proprio a Misano nel circuito dedicato a Marco Simoncelli. Rivali in pista ma soprattutto amici. Ancora una volta i loro destini si intrecciano?
In un certo modo sì. A causa del Covid-19 in questo momento in corso, avrebbero dovuto esserci gli extra europei invece c’è la seconda gara di Misano. E così i loro destini si intrecciano ancora
- Cosa si sente di dire a coloro che stanno vivendo un momento simile a quello che lei ha vissuto?
Consigli non ne so dare, non dico che sia questo il modo di uscirne. Ognuno deve fare ciò che si sente. Sicuramente posso dire che bisogna far uscire tutto il dolore e non tenerlo dentro perché se lo tieni dentro ti uccide. Bisogna trovare il modo per sfogarlo. Non bisogna fermarsi a dire “ieri stavo facendo questo con lui” o “domani saremmo dovuti partire” perché questi pensieri, quando una cosa è appena successa, ti distruggono. Puoi solamente pensare che ormai è andata così e bisogna voltare pagina in fretta cercando di fare il meglio che puoi con quello che hai. Purtroppo le cose brutte succedono ed è ingiusto e terribile. Il mondo, Dio o chi per Lui è cattivo perché ancora succedono delle cose così. In questi anni un sacco di ragazze mi hanno scritto perché a loro è successa la stessa cosa o tanti genitori hanno scritto a Paolo e Rossella. E’ un’ingiustizia e la parte difficile l’affronta chi resta in vita perchè si deve essere capace di reagire ad un dolore così atroce.