In occasione della Festa dei Lavoratori giunge la riflessione della Presidenza provinciale delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani).
“Mentre si è intenti a decifrare i numeri prodotti dalla riforma del Lavoro, la nostra prospettiva ed attenzione, è tutta rivolta alla persona che lavora – si legge nel comunicato – Alla vigilia di questa Festa, ancora densa di valori e significati, vogliamo mettere da parte i numeri, abbandonare le logiche percentuali che ci riportano drammaticamente al 1978, con un tasso di disoccupazione pari al 13% (circa 3 milioni e mezzo di disoccupati) che sale al 40% riferito alla popolazione giovanile, per guardare al significato antropologico del Lavoro, che è actus personae, rifiutando, dunque, l’idea di lavoro come mero strumento di consumo, di realizzazione privatistica dei propri bisogni ed interessi, luogo di competizione e sopraffazione di pochi a danno di molti e per questo, incapace di generare Felicità pubblica“.
“Questo lavoro, consuma le persone e l’economia che da essa genera uccide ed incentiva la cultura dello scarto (Evangelii Gaudium). Dall’esortazione di Papa Francesco – dichiara il Presidente Mastrovito – le ACLI salernitane ripartono per promuovere una visione nuova del lavoro, capace di tenere insieme le persone, di compiere la vocazione umana di generare lavoro buono e giusto, di generare beni plurali e comuni perché rivolti ad un intero territorio, ad una comunità, alle proprie famiglie“.
“Ricostruire una nuova socialità del lavoro, richiede di investire nelle relazioni, all’interno dei luoghi di lavoro, tra imprese e territorio, tra territorio e singole persone – si legge ancora – Una visione di economia civile, che al lavoro competitivo sostituisca il lavoro cooperativo e corresponsabile“.
“Per le Acli – dichiara il Presidente Mastrovito – la qualità del lavoro, della vita, dell’economia e delle istituzioni, fanno parte di un medesimo percorso, che può condurci ad uscire dalla crisi. Siamo convinti, che la qualità e la stabilità lavorativa, derivano dal modello economico che si vorrà adottare. Questo primo maggio, profeticamente in passato già definito del non lavoro, dev’essere occasione per rilanciarne la forza, di cui il lavoro è gravido, per riconciliarsi con il futuro. Il lavoro, dunque, per sconfiggere povertà ed esclusione, ma anche condizione utile a dettare i criteri, per riformare l’economia e la finanza, riducendo la quota di ricchezza dissipata dalla speculazione finanziaria, che provoca l’abbassamento dei salari ed i tagli al welfare“.
– redazione –